La deposizione da parte dell’esercito egiziano del Presidente Mohammed Morsi destabilizza il Medio Oriente. Nonostante i leader di Hamas rilascino poche dichiarazioni, in cui sostengono di non temere per il destino di Gaza, è lì che sono puntati gli occhi della diplomazia, insieme al futuro del gruppo nel Paese, costola della Fratellanza musulmana. Nella notte è stata chiusa la frontiera di Rafah che collega Egitto e Striscia di Gaza, dopo una serie di attentati islamici ai militari egiziani.
“Hamas is the biggest looser”. Ieri notte chiusa la frontiera. “Hamas è il più grande sconfitto”, ha dichiarato Mukhaimar Abu Saada, professore di scienze politiche all’Università Al Azhar di Gaza, commentando la crisi egiziana. Secondo il docente, infatti, “l’opposizione egiziana vede Hamas come parte del conflitto e lo accusa di destabilizzare la Penisola del Sinai”, motivo per cui si teme che “la crisi in Egitto possa condurre ad azioni restrittive contro il gruppo” e inasprire i controlli alla frontiera e sui tunnel per l’importazione di carburante. Una previsione che si è presto avverata, almeno in parte: stamattina, infatti, è arrivata la notizia della chiusura del valico di Rafah fra Egitto e la Striscia di Gaza, attuata dalle autorità egiziane e valida fino a nuovo ordine, ovvero per un periodo di tempo ad oggi indeterminato. Così è stato deciso dopo una serie di attentati nel nord della Penisola del Sinai da parte di militanti islamici: i sostenitori del Presidente destituito, Mohammed Morsi, hanno attaccato nella notte l’aeroporto di el-Arish, una stazione di polizia e due posti di blocco, uccidendo un militare e ferendone altri due.
Isolata Hamas, dopo i legami con l’Egitto di Morsi. Proprio l’apertura della frontiera di Rafah era uno degli obiettivi del sostegno di Hamas alla politica di Morsi, insieme alla volontà di uscire dall’isolamento politico del Paese e di tenere i militari di Israele a bada. Speranze mai pienamente realizzate, nonostante Hamas godesse di una maggiore considerazione presso il Presidente deposto, rispetto al predecessore, Hosni Mubarak, che vedeva nel gruppo un nemico da fronteggiare. L’appoggio del gruppo di Gaza all’Egitto di Morsi si è manifestato anche quando Hamas ha seguito le orme egiziane, osteggiando Assad e appoggiando i ribelli siriani, con la conseguente chiusura dei rubinetti “finanziari” che l’Iran apriva ai territori palestinesi. Poi le promesse finanziarie dell’Emiro del Qatar alla Striscia di Gaza, sottoposte a una condizione: la presenza dei Fratelli musulmani in Egitto. Con la caduta di Morsi e la presa del potere da parte dell’autorità militare, anche queste speranze sono andate in fumo e ora Gaza è ancora più isolata.
L’allarme del rivale Fatah. Il movimento palestinese Fatah, invece, mette in guardia il rivale Hamas, leggendo negli sviluppi egiziani il seme di una rivolta che contagerà anche la Striscia di Gaza e suoi abitanti. Ihab Ghussein, portavoce di Hamas, riferisce che il gruppo è sereno sul piano interno e l’eventualità di una sommossa è “ridicola”. Anna Serafini