C’è la grande storia del conflitto russo-ucraino. Ci sono gli scontri a fuoco, i bombardamenti, i discorsi dei leader delle due fazioni, le previsioni degli analisti, il ruolo della Nato, dell’Unione europea e delle superpotenze mondiali. Accanto alla grande storia, quella che un domani finirà sui libri, ci sono però tante piccole storie umane. Sono quelle dei soldati al fronte, degli ucraini che non hanno potuto o voluto lasciare il proprio Paese. Sono quelle di chi ha abbandonato la propria casa per salvare se stesso o i propri cari. Secondo i dati ufficiali, solo in Italia, i profughi ucraini sono circa 169mila. 169mila persone che hanno lasciato tutto ciò che avevano. Come Daria, che è originaria di Kiev ed è arrivata in Italia con suo marito a metà marzo 2022, a poche settimane dallo scoppio della guerra. Sono stati ospitati da alcuni amici che vivevano già qui. Ancora oggi vivono con loro.
Cosa ricordi del primo giorno dell’invasione russa dell’Ucraina? Come avete passato i primi momenti?
“Ricordo quel giorno benissimo, come ogni ucraino. Alle cinque ci ha svegliato l’allarme. Era spaventoso e non sapevamo cosa fare. All’inizio abbiamo fatto le valige, ma più tardi abbiamo deciso che era meglio rimanere a casa. Io e mio marito avevamo il covid, ma la malattia non era nulla rispetto alla situazione che stavamo affrontando. Ricordo bene la nostra pura. Non sapevamo cosa fare e come affrontare la situazione. Specialmente il primo giorno del conflitto, il tempo non passava mai, era così lento. Si sentivano le esplosioni e non riuscivamo ad immaginare quando sarebbe arrivata la successiva. Eravamo nel panico. Non facevo altro che scorrere le notizie sul mio telefono e non potevo credere che fossimo nell’epicentro di tutto. Il sostegno delle persone e degli altri Paesi sui social media ha aiutato un po’. Leggere i loro messaggi ci ha fatto bene. Abbiamo cercato di razionare le scorte di cibo e mangiavamo molto poco, avevamo paura di non riuscire più a fare la spesa. Abbiamo dormito nel corridoio vicino al muro portante nel caso in cui la casa fosse crollata. Ho disposto tutto il mio guardaroba sul pavimento. Ovviamente dormire era difficile, anzi praticamente impossibile. Era scomodo, spaventoso e stressante. Ogni ora mandavo un messaggio ai miei genitori per rassicurarli che andava tutto bene e che io e mio marito eravamo vivi. Nei giorni successivi poi siamo dovuti scendere nel seminterrato del nostro palazzo. Non volevamo lasciare la casa. Psicologicamente per me era difficile abbandonare tutto ciò che avevo. Alla fine, abbiamo deciso di andarcene e abbiamo chiuso tutta la nostra vita in una valigia. Ne avevamo solo una in due. Questo è stato molto doloroso”.
Com’è stato il viaggio per arrivare in Italia?
” Molto difficile. Prendere il treno è stato complesso: eravamo tantissime persone in poco spazio. Ricordo ogni singolo dettaglio. Ho passato così tante ore in piedi sui due treni che abbiamo preso per lasciare l’Ucraina… Di tanto in tanto mi sedevo sulla mia valigia perché mi facevano male le gambe. Ero distrutta. Siamo andati prima in Polonia e poi abbiamo deciso di venire in Italia, dal alcuni amici che già vivevano lì. Apprezzo anche tutto ciò che gli italiani hanno fatto e ancora fanno per gli ucraini”.
Quali sono le maggiori difficoltà che ti sei trovata ad affrontare da quando ti sei trasferita in Italia?
“L’ostacolo principale è quello linguistico. Io non so l’italiano. Conosco l’inglese, ma non tutti qui lo parlano. Se non conosci la lingua, è molto difficile vivere la vita quotidiana. La mia priorità, al momento, è imparare l’italiano. Sto facendo del mio meglio per cercare di riuscirci il prima possibile, frequento un corso”.
Tu e tuo marito siete riusciti a trovare un lavoro qui?
“Sfortunatamente no e senza conoscere la lingua non saprei neanche come cominciare a cercarlo. In Ucraina, prima della guerra, io lavoravo come content manager e social media manager. Mentre mio marito era un editor di video e aveva un blog di analisi di calcio. Poi la guerra ha completamente stravolto le nostre vite. Dal punto di vista psicologico, è molto difficile elaborare e accettare questa cosa”.
Alcuni dei tuoi familiari vivono ancora in Ucraina?
“Tutta la mia famiglia, al momento, vive in territori occupati dall’esercito russo. Anche molti dei nostri amici e colleghi sono rimasti a vivere in Ucraina. Siamo costantemente in contatto e cerchiamo di sentirci il più possibile, soprattutto per supportarci l’uno con l’altro, ma la situazione è molto difficile. Siamo molto preoccupati per tutti loro”.