“Lo scenario a cui l’Italia e l’Europa vanno incontro nei prossimi mesi è una riduzione sempre maggiore della dipendenza dal gas russo” spiega Michele Polo, professore ordinario di Economia Politica all’Università Bocconi di Milano, che in un’intervista a Lumsanews analizza le ripercussioni economiche della guerra in Ucraina a livello internazionale.
Crede che la guerra in Ucraina abbia creato un vero e proprio shock finanziario in Italia e in Europa?
“Vari elementi hanno giocato un ruolo fondamentale. In primis la restrizione dei flussi commerciali legati alle sanzioni economiche e, soprattutto per i paesi europei, l’impatto sul prezzo del gas e dell’energia elettrica che ha generato un effetto inflattivo sui prodotti. Di conseguenza le aspettative delle imprese sono peggiorate e i costi sono aumentati. Tutto questo ha portato a una riduzione della crescita nei paesi europei. L’inflazione che si è generata per l’aumento dei costi ha infine richiesto un aumento dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale Europea che ha costituito un freno agli investimenti alla crescita”.
Quali sono i settori che stanno maggiormente subendo l’impatto della guerra in Ucraina?
“Il primo impatto è sui settori energetici e di conseguenza l’aumento dei costi si trasferisce su tutti gli altri settori produttivi. Nell’ultimo anno, in Italia, si è cercato di fornire una compensazione attraverso sussidi sia alle famiglie a basso reddito che alle industrie energivore. Sono, però, sussidi molto costosi per i bilanci pubblici e che, a seconda dello Stato delle Finanze pubbliche, possono essere usati in modo più o meno intenso. Da questo punto di vista il nostro Paese si trova in condizioni difficili perché ha un debito pubblico molto elevato e non può arrivare ai livelli di sussidio che invece hanno varato la Germania o gli Stati Uniti”.
L’uso in Europa di fonti energetiche alternative a quelle russe provocherà un impatto sull’economia del Cremlino?
“La Russia fino all’estate 2022 è riuscita a ridurre i flussi di fornitura di gas all’Europa spingendo il prezzo del metano molto in alto quindi non perdendo ma anzi aumentando i propri ricavi dalle esportazioni di gas in Europa. Il prezzo del gas ora è sceso e i ricavi dalle esportazioni energetiche della Russia sono significativamente calati, questo sarà anche lo scenario che avremo dinanzi nei prossimi anni a fronte di una riduzione della dipendenza di paesi europei dalla Russia che ha perso, e continuerà a perdere, i clienti maggiori”.
Com’è la situazione in Italia? Siamo ancora dipendenti dal gas russo o ci sono delle fonti alternative?
“Già con l’ex Presidente del Consiglio Mario Draghi l’Italia è riuscita ad aumentare l’esportazione di gas dal Nord Africa, questo è stato possibile perché il gasdotto che dall’Algeria arriva nel nostro Paese è sufficiente per aumentare i flussi. È aumentato anche il flusso dall’Azerbaijan attraverso il gasdotto che arriva in Puglia compensando al meglio la riduzione dalla Russia con l’aumento da parte di altri paesi in cui c’era disponibilità di esportazione e capacità dei gasdotti per sostenere i flussi aumentati. Prima l’Italia importava il 40% dei suoi fabbisogni di gas naturale dalla Russia, adesso, passando a forniture alternative, il gas probabilmente si assesterà su valori più alti di quelli che avevamo in precedenza. Questo è un effetto sui costi che sarà permanente e ci sarà un aggiustamento anche nelle modalità di utilizzo degli input energetici. Quindi un risparmio in termini assoluti nel contenuto di gas, nelle produzioni e nei consumi domestici”.
Il 16 dicembre 2022 il Consiglio Ue ha adottato il nono pacchetto di sanzioni alla Russia in relazione all’aggressione all’Ucraina. Queste sanzioni comprendono, tra le altre, nuove restrizioni all’export di beni e tecnologie volte a potenziare i settori di difesa e sicurezza russa, congelamento di beni in due banche e in un istituto di credito. La Ue ha inoltre ampliato il divieto di nuovi investimenti nel settore energetico russo. A suo avviso il Cremlino sta risentendo delle sanzioni?
“Fino a quando è riuscita a tenere il prezzo del gas alto, cioè fino all’estate, la Russia non ne ha risentito. Adesso invece sta soffrendo, è fortemente penalizzata dalla riduzione dei ricavi di esportazione in Europa. Tutte le sanzioni imposte dall’Unione europea nei mesi successivi allo scoppio della guerra, che hanno bloccato l’esportazione di beni e prodotti tecnologici, stanno avendo un impatto sui processi produttivi russi che forse non si vede immediatamente ma porterà a una riduzione della capacità di rimanere competitivi. Per alcuni beni come le auto, le vendite interne in Russia sono crollate nella primavera 2022 a causa della mancanza dei semiconduttori che vengono utilizzati anche nelle produzioni di microprocessori”.
Il pacchetto di sanzioni riguarda anche il petrolio greggio, con limitate eccezioni, e a partire da febbraio 2023 questo si applicherà anche ai prodotti petroliferi raffinati, assieme a un tetto sul prezzo del petrolio a 60 dollari al barile. Cosa ne pensa?
“È molto più difficile imporre delle sanzioni effettive sul petrolio rispetto al gas per una ragione molto semplice. Il gas arriva in gran parte attraverso delle infrastrutture fisiche rigide, i gasdotti, mentre il petrolio viaggia sui tank e sulle grandi petroliere e quindi gira in modo molto più libero. Ci sono tanti modi per aggirare le sanzioni applicate al petrolio ad esempio il blending, cioè mischiare il petrolio che viene dalla Russia con quello di altre fonti, in modo da farne perdere l’origine e sfuggire alle sanzioni”.
Con il protrarsi della guerra in Ucraina, lei crede che alcuni beni potrebbero scomparire?
“In generale c’è un effetto sui prezzi e quindi è possibile la contrazione nella domanda di alcuni beni che sono particolarmente colpiti dalle dinamiche di costo. In alcuni casi ci può essere una perdita di competitività delle industrie europee e italiane per questo effetto sui costi, compensato però da un aumento delle esportazioni in Europa di altri paesi che sono meno toccati da questi fenomeni di crescita dei costi. Tutto questo ad esempio potrebbe far sì che i prodotti americani diventino più competitivi anche sul mercato europeo”.
Quale sarà quindi il futuro dell’economia mondiale?
“Occorre riflettere su come i mercati dell’energia si aggiusteranno nel prossimo anno o due, perché la politica dei paesi europei è quella di una progressiva riduzione della dipendenza dal gas russo. Questo non avviene senza costi perché il gas russo, fino a prima della guerra in Ucraina, consisteva in un flusso importante per i paesi europei, in particolare per Germania e Italia”.