ROMA – Alberto Spampinato, fondatore della Onlus “Ossigeno per l’informazione” e fratello del giornalista Giovanni Spampinato, vittima della mafia, commenta a Lumsanews l’arresto di Matteo Messina Denaro, l’ultimo padrino di Cosa Nostra, catturato oggi a Palermo. E lo fa richiamando la “cappa di piombo” che lungo questi anni ha continuato a coprire il boss, dove dal 1993 Messina era latitante.
Si aspettava questa mattina una notizia del genere? Come è stata accolta da chi, come lei, conosce molto bene le dinamiche della mafia siciliana?
“La notizia era da lunghissimo tempo attesa. È inspiegabile come sia stata possibile una latitanza così lunga”.
Com’è stato possibile che Denaro si trovasse così vicino, in una zona da più di trent’anni setacciata dalla magistratura. E non, come inizialmente ipotizzato, all’estero?
“Non è la prima volta. Per Bernardo Provenzano si è scoperto poi che si trovava dove tutti si aspettavano. Testimonianza di molte complicità ad alto livello”.
Sono state tante le voci negli ultimi tempi relative al fatto che Matteo Messina Denaro fosse malato e che potesse essere vicino una trattativa, facendo leva su una possibile autoconsegna alle forze dell’ordine da parte del boss. Era dunque nell’aria?
“L’arresto era stato più volte annunciato dopo la scoperta di alcuni favoreggiatori. Ma fino ad oggi è sempre sfumato e si è dissolto nel nulla”.
Il giorno che si aspettava da molto è dunque arrivato. Che cosa significa e che cosa significherà?
“Aspettavamo da tanto tempo che la notizia avvenisse. Dopo la lunga latitanza nel territorio di Trapani, ora si pone fine alla cappa di piombo”.