Scuole chiuse, barricate e blocchi stradali serbi nel nord del Kosovo. Proseguono le tensioni tra serbi e kosovari, scoppiate dopo l’arresto di un ex agente serbo da parte della polizia kosovara e, in generale, a causa della politica di Pristina. Ieri sera una bomba è stata lanciata contro una pattuglia polacca di ricognizione dell’Unione Europea, l’Eulex, nei pressi del villaggio di Rudare, ma nessuno è rimasto ferito. Si è verificata anche una sparatoria nei dintorni della diga del lago Gazivode, lungo la strada che conduce al valico di frontiera di Brnjak, e attualmente non ci sono dati ufficiali su vittime e feriti.
L’ex ministro degli esteri serbo Živadin Jovanović, ha chiesto una riunione urgente del Consiglio di sicurezza dell’Onu sulla base della risoluzione 1244 adottata nel 1999, in cui si afferma che il Kosovo è parte della Serbia.
Ieri il presidente serbo Aleksandar Vučić, alla fine della riunione del Consiglio di sicurezza, ha invitato i serbi alla calma e alla moderazione nel rispettare le attività di controllo e sorveglianza delle pattuglie di Kfor e Eulex. Secondo Vučić e la premier Ana Brnabić, la popolazione serba sarebbe vittima della politica ostile del primo ministro kosovaro Albin Kurti, che violerebbe tutti gli accordi e punterebbe alla pulizia etnica con l’espulsione dei serbi dal nord.
Kurti, da parte sua, ha accusato la Serbia di minacciare una nuova guerra con l’invio di truppe nel Kosovo e di appoggiare l’attività di gruppi criminali. La comunità internazionale è preoccupata per la nuova esplosione di tensioni ma per Vučić “fa finta di non vedere”, incolpandola di “falsificazioni dirette, bugie nude e crude sulla situazione”. Intanto le tv serbe hanno riferito che domani, martedì 13 dicembre, arriverà a Belgrado l’inviato speciale Usa per i Balcani occidentali, Gabriel Escobar, che coprirà il Kosovo.
Nella foto il presidente Aleksandar Vucic, foto Ansa