Sono 102 le stazioni di polizia cinese ‘non ufficiali’ sparse in almeno 53 paesi nel mondo. Ed è l’Italia il paese ad ospitarne il numero maggiore. Sono 11, infatti, quelle distribuite nelle principali città tra Roma, Milano e Firenze.
A diffondere questi dati Safeguard Defenders, una ong per i diritti umani con sede a Madrid, conducendo un’indagine con la Cnn. Tali stazioni, mascherate come centri di servizi in territorio straniero, avrebbero in realtà come scopo quello di monitorare la popolazione cinese e indurre loro familiari a tornare in patria per affrontare processi nei loro confronti.
L’Italia, secondo quanto scrive la Cnn, “dal 2015 ha firmato una serie di accordi bilaterali di sicurezza con la Cina”. Tra il 2016 e il 2018 la polizia italiana “ha condotto dei pattugliamenti con la polizia cinese – prima a Roma e Milano – e poi anche a Napoli, dove ci sono prove di un sistema di videosorveglianza in aree residenziali per scoraggiare crimini”, specifica l’emittente statunitense.
“Monitoriamo i dati cinesi e abbiamo ricevuto informazioni dal ministero della pubblica informazione, mostrando che 210 mila persone sono state persuase a rientrare in un solo anno”, ha affermato Laura Harth, la direttrice di Safeguard Defenders. Harth ha aggiunto, inoltre, che è in aumento il ”numero dei tentativi di reprimere il dissenso ovunque nel mondo, per assicurarsi i cittadini cinesi che abbiano abbastanza paura da rimanere in silenzio o rischiare di essere rimandati in patria contro la loro volontà”. Il governo cinese ha definito queste organizzazioni degli ”hub amministrativi che aiutano i cinesi ad espletare alcune pratiche burocratiche”.
Preoccupazione anche dal capo dell’Fbi Christopher Wray: la scelta ”viola la sovranità ed elude i processi standard di cooperazione giudiziaria e delle forze di polizia”.