Antonio Di Rosa è un giornalista, direttore della Gazzetta dello Sport tra il 1° dicembre 2004 e il 6 febbraio 2006. Alla guida dell’agenzia di stampa e multimediale Lapresse dal 2014 al 2017, ora dirige il quotidiano La Nuova Sardegna. Per Lumsanews ha analizzato la supremazia del calcio sui giornali sportivi nel nostro Paese.
Qual è la motivazione alla base della tendenza calciocentrica dei quotidiani sportivi italiani?
“Gli sport più importanti per il Paese, quelli che portano le medaglie alle Olimpiadi, agli Europei e ai Mondiali, non hanno grande rilevanza sui media nonostante il calcio fosse e abbia smesso di essere una fonte di vendita e di copie notevole per i giornali. In realtà, quando ci sono i grandi eventi la gente compra di più i quotidiani perché vuole sapere quali sono le storie dei personaggi di sport diversi dal calcio. L’avvento delle televisioni private ha ridimensionato l’impatto che i quotidiani hanno in termini di vendita, ma nonostante questo il calcio resta in copertina. È un errore, ma si tratta di una mentalità dura da superare perché resta più semplice parlare dello sport più popolare, ovvero il calcio.”
Quando ha avuto inizio questo fenomeno? Secondo lei il dominio del calcio sui nostri quotidiani è un fenomeno destinato ad aumentare ancora?
“Questa tendenza c’è sempre stata, il calcio l’ha sempre fatta da padrone. Negli ultimi anni, però, gli sport diversi dal calcio hanno molto più spazio in televisione rispetto a quanto avveniva una volta. I quotidiani, comunque, avrebbero tutto l’interesse nel diversificare la propria offerta, raccontando storie che magari in televisione non sono presenti.”
Soltanto qualche giorno fa, Marca e As dedicavano la prima pagina alla vittoria del Real Madrid sul Barcellona nella Supercoppa spagnola di basket. A cosa è dovuta questa differenza di trattamento con i quotidiani esteri?
“In Italia sarebbe impensabile. Ad esempio, L’Équipe dedica molto spesso la propria copertina ad altri sport. La differenza di trattamento è dovuta al diverso tipo di cultura sportiva che abbiamo in Italia rispetto all’estero.”
Alla base di questa disparità di trattamento tra il calcio e gli altri sport c’è sicuramente un problema culturale. Non crede che siano proprio i media il veicolo attraverso il quale cercare di risolverlo?
“I media dovrebbero educare la gente ad apprezzare di più chi si allena tantissimo e fa tanti sacrifici. Penso a tutti coloro che non riescono a raggiungere un podio e non vengono nemmeno menzionati. Alla base della disparità ci sono sicuramente motivazioni culturali: parlare di calcio è diventata un’abitudine. Per i media è più comodo continuare su questa strada.”