Il caso della fondazione Open spacca la maggioranza. Ieri il Senato ha approvato la relazione della Giunta delle immunità sulla vicenda che vede il leader di Italia Viva Matteo Renzi indagato per finanziamento illecito. Con 167 voti favorevoli, 76 contrari e nessun astenuto l’Aula di Palazzo Madama ha dato il via libera al ricorso sul conflitto di attribuzione presentato alla Consulta contro i magistrati di Firenze che si stanno occupando dell’indagine sulla Fondazione Open.
Tutto è andato come previsto per l’ex premier, compreso il terremoto politico scatenato dall’esito della votazione. A fare muro un centrodestra compatto, che ha visto Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia come un blocco unico, seguiti a ruota da Italia Viva e Pd, mentre il no è arrivato solo da Cinque Stelle e Liberi e Uguali. Risultato: alleanza giallo-rossa, almeno per ora, saltata. Dopo essersi astenuti compatti in giunta infatti, ieri Pd e M5s hanno esibito posizioni contrapposte, ma Letta e Conte per il momento minimizzano ribadendo che tale esito fosse previsto da giorni. Anche il Nazareno cerca di calmare le acque, precisando che “quella del Pd è una scelta basata solo sul merito. Non ci sono altre valutazioni”. Fa eco Renzi, che in un’intervista a Radio Leopolda ha espresso gratitudine al partito di Letta “perché ha abbandonato la linea che aveva tenuto in giunta”.
I pm di Firenze sono accusati di aver inserito nel fascicolo dell’inchiesta, chat e mail del leader di Italia Viva quando era già senatore, senza rispettare quanto previsto dall’articolo 68 della Costituzione, secondo cui serve una formale autorizzazione rilasciata dalla Camera a cui appartiene la persona sottoposta a questo tipo di indagini. Nel suo intervento al Senato Renzi, che ha lasciato l’aula prima della votazione, non ha usato mezzi termini, ribadendo che “L’impunità non è consentita a nessuno, non ai parlamentari ma nemmeno ai magistrati. Battaglia giusta e sacrosanta, perché è una battaglia di civiltà giuridica e di difesa della politica”.