Sugli sviluppi in Ucraina e nel Donbass è intervenuto su Lumsanews l’analista militare e direttore di Rivista Italiana Difesa, Pietro Batacchi.
Perché Putin ha spinto per strappare sul Donbass? Non gli conveniva mantenere lo “status quo” post 2014?
“In mancanza di garanzie scritte da parte della Nato e dell’Occidente, Putin ha deciso di proseguire nella strategia di “amputazione geografica” di quei Paesi propensi a entrare nell’orbita Nato. Gli sviluppi di questa notte sanciscono l’amputazione del territorio del Donbass, che Mosca ormai potrà anche utilizzare come carta in un tavolo negoziale”.
L’entrata dei russi nel Donbass quali scenari può comportare?
“L’intervento diretto di Mosca nel Donbass apre una dinamica nuova, una nuova fase nella crisi ucraina. In sostanza il conflitto da questione interna all’Ucraina diventa di fatto un conflitto internazionale tra Mosca e Kiev. Non più una questione tra Kiev e i separatisti. Con tutto ciò che esso implica. Putin, per adesso, potrebbe accontentarsi di questo pezzetto, come accaduto già in precedenza. In questi giorni la chiamo “politica dei pezzetti”. Putin sta cercando di ricostruire un’area di influenza e di controllo nell’estero vicino di Mosca”.
Ma dal punto di vista militare?
“C’è un dato da sottolineare. La città di Donetsk rimane troppo vicino all’esercito ucraino e agli occhi della Russia dovrebbe essere messa in sicurezza. Donetsk è una città importante e rimane a tiro dell’artiglieria ucraina. Mosca, adesso, non può permetterselo. E questo potrebbe creare la premessa di un maggior intervento russo, che punti magari anche alla città strategica di Mariupol sulla costa del Mar Nero. Putin intanto ha messo con le spalle al muro il presidente ucraino Zelensky, che aveva vinto le elezioni dicendosi pronto a riprendere i territori del Donbass occupato. La diplomazia ha ricevuto un colpo durissimo visto che i processi di Minsk sono di fatto conclusi”.
Il dispiegamento di centinaia di migliaia di soldati russi al confine con l’Ucraina era una prova di forza di Putin o resta aperta l’ipotesi di un’invasione più ampia?
“Serve a tenere in piedi diverse opzioni. Sicuramente ad allungare l’esercito ucraino sul terreno. Mantenendo soldati in Bielorussia, schierandoli nell’oblast di Voronez, Kiev è costretta ad allungarsi per cercare di rispondere ad attacchi da più parti. Ogni opzione è sul tavolo. Io ritengo che non ci sarà un’invasione su larga scala in Ucraina. Putin ha già raggiunto un obiettivo e vuole tenere ancora sotto pressione la leadership di Zelensky”.
Non basterebbero i soldati russi per un’invasione totale?
“Assolutamente no. Il territorio ucraino è vasto, le forze militari dispiegate non sono sufficienti. La parte occidentale dell’Ucraina al di là del fiume Dnepr è sostanzialmente ostile alla Russia, quindi è difficile. Ci possono invece essere azioni di tipo circoscritto, volte ad estendere il controllo russo attorno al Donbass. Per difendere le repubbliche separatiste”.
Ma l’esercito ucraino potrebbe resistere a un attacco russo?
“L’esercito di Kiev ha fatto progressi rispetto al 2014, anche con il supporto occidentale. In un confronto con le forze russe però la disparità a livello qualitativo, quantitativo e dottrinale è evidente, per cui l’esercito ucraino potrebbe fare ben poco. Ma questo non significa che la Russia sia capace o voglia lanciare un’invasione totale. Ci sarebbero costi enormi, le forze non sufficienti e il territorio è ostile a Mosca. I miglioramenti dell’Ucraina dal punto di vista militare ci sono stati, ma questi hanno anche riguardato le forze di Mosca, impiegate in questi anni in Siria, in Georgia. La vera forza di Mosca è nella capacità di utilizzare tutti gli elementi di potenza a disposizione e di questo Putin è maestro. Lo ha dimostrato anche oggi mettendo davanti al fatto compiuto l’Occidente”.