Il Pnrr è inutile per circa la metà delle imprese italiane. È quanto emerge dal report Istat, “Situazione e prospettive delle imprese dopo l’emergenza sanitaria Covid-19”. Molte delle misure che costituiscono il Piano nazionale di ripresa e resilienza non hanno infatti “nessuna” rilevanza come fattore di sostegno nel primo semestre del 2022.
La rilevazione ha interessato un campione di 90.461 imprese con 3 e più addetti attivi nell’industria, nel commercio e nei servizi. Questi corrispondono al 22,2% delle imprese italiane, ma producono il 93,2% del valore aggiunto nazionale e impiegano 13,1 milioni di lavoratori, pari al 75,2% degli addetti totali.
In particolare, guardando ai capitoli “digitalizzazione”, “rivoluzione verde” e “infrastrutture e mobilità sostenibili”, circa la metà delle imprese non li considera rilevanti come traino dell’attività. La domanda interna del loro specifico settore è invece considerata il fattore di sostegno più importante.
Il giudizio riguarda sia le misure legate alla transizione ecologica, che il 47,7% reputa di modesta o elevata importanza, sia quelle inerenti le infrastrutture e la mobilità sostenibile, che hanno evidentemente un orizzonte di sviluppo più lontano.
Infatti, la rivoluzione ecologica viene considerata ancora meno importante perfino nelle due fasce di imprese più grandi, che la ritengono decisiva solo in due casi su dieci. Ancora molte di loro, più che accedere al Pnrr, preferirebbero avere nuovamente finanziamenti bancari per ridurre il rischio di impresa.
A livello territoriale, le imprese del Nord-est, che dichiarano un aumento di fatturato nel 36,4% dei casi, e quelle del Nord-ovest (34,5%) mostrano una maggiore capacità di recupero rispetto alle imprese del Mezzogiorno e del Centro, dove si registra una quota più elevata di imprese in perdita: 36,9% e il 37,9%. Questo è dovuto, in parte, alla maggiore incidenza del settore del commercio e dei servizi.