L’Alta Corte di Londra ha ribaltato la sentenza di primo grado emessa lo scorso gennaio che negava a Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, l’estradizione dalla Gran Bretagna agli Usa. È stato quindi accolto il ricorso del team legale americano che si opponeva al no alla consegna dell’ex primula rossa sulla base di un asserito pericolo di suicidio legato – secondo una perizia – al prevedibile trattamento giudiziario e carcerario.
Durante il primo grado del processo tenutosi all’inizio di quest’anno, il giudice aveva infatti ritenuto che le condizioni mentali di Assange fossero troppo fragili per resistere al sistema di giustizia penale americano. Il giudice distrettuale Vanessa Baraitser aveva quindi negato l’estradizione per motivi di salute, affermando che Assange si sarebbe potuto togliere la vita se trattenuto nelle dure condizioni carcerarie statunitensi. Il cittadino australiano di 50 anni rischia l’ergastolo per l’accusa pendente a suo carico di spionaggio di documenti statunitensi secretati. Adesso il caso sarà rinviato al tribunale di grado inferiore per essere ascoltato nuovamente.