I sindacati bocciano la manovra fiscale 2022. Quasi tutti. Ieri sera Cgil e Uil hanno proclamato per il 16 dicembre uno sciopero generale di otto ore contro la legge di bilancio e il taglio delle tasse. Lo stop interesserà anche i servizi pubblici essenziali, trasporti inclusi, ma rimarranno fuori la sanità e altre funzioni strettamente connesse all’emergenza Covid.
La Cisl si sfila. La Cisl di Luigi Sbarra, però, ha preso le distanze dalle altre sigle sindacali, rivendicando miglioramenti nella manovra sul capitolo fisco rispetto alle prime ipotesi del governo. D’altra parte Cgil e Uil fanno fronte comune sulle scelte ritenute “insoddisfacenti” del governo su fisco, pensioni, scuola, politiche industriali. Ma per i sindacati, Palazzo Chigi avrebbe fallito soprattutto su una reale redistribuzione della ricchezza a favore delle fasce più deboli, nonostante le tante risorse disponibili.
Le posizioni dell’esecutivo. La reazione del premier Mario Draghi però è netta, e non lascia spazio a mezzi termini. Lo sciopero è “ingiustificato e immotivato”, lasciano trasparire fonti ufficiali. Draghi ha ribadito infatti l’impegno dell’esecutivo proprio a favore delle stesse categorie per cui i sindacati si dicono insoddisfatti. Dalla conferma del reddito di cittadinanza all’assegno unico per le famiglie meno abbienti, passando per il taglio fiscale di 7 miliardi destinato a lavoratori dipendenti e pensionati, fino alle agevolazioni per il mutuo destinate ai giovani l’esecutivo ha rivendicato una manovra dallo “spiccato carattere di redistribuzione e coesione sociale”.
La Manovra in parlamento. Intanto il governo continua a lavorare alla legge di bilancio. Oggi sarà una giornata densa di riunioni per la maggioranza che cercherà una quadra sui nodi ancora da sciogliere, a partire da superbonus e scuola. Il capitolo istruzione è prioritario per Forza Italia, che nel tavolo con l’esecutivo di questa mattina ha chiesto di istituire la figura dello psicologo scolastico, “un segnale molto significativo per la ripartenza post Covid”. Seguiranno degli incontri bilaterali con l’esecutivo per dar voce alle priorità dei singoli partiti. Obiettivo ridurre il numero degli emendamenti, che ieri in commissione Bilancio del Senato sono risaliti da 600 a 690.