Un’invasione russa dell’Ucraina sul finire del prossimo gennaio. Questo è il timore dell’amministrazione americana, che sostiene di avere le prove dell’imminente attacco. Un dossier e quattro foto satellitari dei servizi Usa mostrano 175mila soldati russi schierati al confine, con tanto di unità mediche e rifornimenti di carburante. Cento battaglioni pronti a marciare sul Donbass e la Crimea, che rischiano di dar forma al peggior incubo per gli Usa dall’inizio della guerra civile ucraina di sette anni fa, costata finora la vita a 14mila persone: un intervento militare diretto di Mosca in Ucraina con una strategia a tre fasi che potrebbe culminare nella presa di Kiev.
La parola però è ancora alla diplomazia. Domani il presidente Usa Joe Biden parlerà in video con l’omologo russo, Vladimir Putin. L’Ucraina sarà al primo posto dell’agenda. Nel frattempo Washington accusa il capo di Stato russo di destabilizzare l’intera regione con la sua strategia. Mosca respinge al mittente le critiche americane, segnalando anzi l’aggressività della Nato con la dislocazione di missili nucleari in Polonia e Romania e con le manovre militari nel mar Nero.
Sullo sfondo si agita poi il rischio di una escalation con l’Unione europea, sostenitrice dell’Ucraina. Secondo gli analisti non è un caso che le forniture di gas russo ai Paesi Ue siano diminuite del 25%, mentre in Bosnia i nazionalisti serbi, appoggiati dal Cremlino, hanno alzato i toni dopo 25 anni di pace. Quello che molti esperti intravedono nel comportamento di Mosca non è tanto la ricerca di un conflitto armato, quanto l’esercizio di una “diplomazia coercitiva”: in altre parole, la Russia muove le truppe per tirare la corda. L’Ue crede (o spera) in questa analisi, tanto da essersi limitata a un generico sostegno politico dell’Ucraina: l’unica eccezione è la Gran Bretagna che ha speso circa 2 miliardi in armamenti per l’esercito ucraino.