Un vertice virtuale per parlare di democrazia: astenersi regimi, democrazie illiberali e autocrazie. È l’iniziativa voluta con forza dal presidente americano Joe Biden che ha esteso gli inviti a 110 Paesi per il 9 e 10 dicembre. Spiccano i grandi esclusi, come la Cina di Xi Jinping, la Russia di Vladimir Putin, la Turchia di Recep Tayyip Erdogan e l’Ungheria di Viktor Orban. L’estromissione di Pechino era prevista e quella di Ankara, nonostante l’asse con Washington nella Nato, non ha sorpreso più di tanto. Maggiormente discusso il “no” a Budapest.
Secondo la lista pubblicata sul sito del Dipartimento di Stato americano, non parteciperanno al “Democracy Summit” neanche Egitto, Arabia Saudita, Giordania, Qatar ed Emirati Arabi Uniti. Ovvero i principali alleati arabi degli Usa.
Gli Stati Uniti hanno invitato invece Taiwan, che non è ufficialmente riconosciuto come Paese indipendente ma viene ritenuto un modello democratico opposto alla Cina. Il portavoce del presidente di Taipei, Xavier Chang, ha ringraziato Biden: “Attraverso questo vertice, Taiwan può condividere la sua storia di successo democratico”. La scelta americana potrebbe alimentare le ostilità con Pechino, che considera l’isola di Formosa “parte integrante” della Cina. Anche nel recente meeting virtuale tra Biden e Xi, Taiwan è stato al centro di interventi opposti dei due presidenti. Mentre da sempre la Casa Bianca accusa la controparte di violare i diritti umani nella regione dello Xinjiang, in Tibet e a Hong Kong.
Tra i 110 ospiti, oltre ai Paesi europei tra cui la Polonia, ci sarà anche l’India, sebbene il primo ministro nazionalista Narendra Modi sia sotto accusa da parte di attivisti sui diritti umani. Nella lista figurano anche il Brasile del presidente estremista Jair Bolsonaro, il Pakistan e l’Iraq.