È arrivato il primo storico sì al suicidio assistito per un malato italiano. Il comitato etico dell’Asl Marche ha infatti attestato che Mario (si tratta di un nome di fantasia), tetraplegico immobilizzato a letto da undici anni per un incidente stradale, possiede i requisiti necessari per l’accesso legale alla procedura.
“Mi sento più leggero, svuotato di tutta la tensione di questi anni: sono stanco e voglio essere libero di scegliere il mio fine vita – ha ammesso il paziente –. Si mettano da parte le ideologie, perché si sta giocando sul dolore dei malati”.
Mario è diventato così il primo malato in Italia a ottenere il via libera dopo la sentenza “Cappato-Dj Fabo” della Corte Costituzionale. In quell’occasione era arrivata l’assoluzione per Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, imputato per aiuto al suicidio: aveva accompagnato Fabiano Antoniani a morire in una clinica svizzera.
“Quello di Mario è un calvario dovuto allo scaricabarile istituzionale” è il commento di Cappato, che ha poi aggiunto: “Il servizio sanitario nazionale si nasconde dietro l’assenza di una legge che definisca le procedure”.
La decisione riapre inevitabilmente il dibattito. “Ora procederemo con le indicazioni sull’auto-somministrazione del farmaco per il suicidio assistito”, ha sottolineato Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni, che ha poi elencato le quattro condizioni stabilite dalla Corte Costituzionale nella stessa sentenza e presenti nel quadro clinico di Mario: “È tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale; è affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputa intollerabili; è pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli; non è sua intenzione avvalersi di altri trattamenti sanitari per il dolore e la sedazione profonda. È molto grave – conclude l’avvocato che ha affiancato il paziente – che ci sia voluto tanto tempo”.
La prima risposta dal mondo politico è quella di Emma Bonino, senatrice di Più Europa: “Il problema è che non c’è volontà politica, è un tema ritenuto spinoso. In questa stagione di equilibri fragili va evitato non solo per ragioni ideologiche, ma proprio per motivi di sopravvivenza. Sul tema ci sono due sentenze della Corte, ma nessuna legge – conclude –. I diritti non mi paiono il terreno preferito da Letta”.
Del tutto contrastanti invece le dichiarazioni della senatrice Udc Paola Binetti: “Non credo che ci si possa rallegrare perché un uomo morirà. Mettere in evidenza questa notizia drammatica con toni trionfalistici è per me intollerabile. La legge – infine – non c’è ancora perché esige anche una responsabilità sociale di alto profilo”.