Anche quest’anno restano vuote le prime tre posizioni della classifica per la lotta alla crisi climatica dei 63 principali paesi del pianeta poiché nessuno Stato ha raggiunto la performance necessaria per contenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi centigradi. È quanto emerge dal rapporto annuale di Germanwatch, Can e NewClimate Institut con Legambiente per l’Italia. Nel documento, presentato alla Cop26 di Glasgow, si legge che “nessun Paese sta facendo abbastanza per prevenire il pericoloso cambiamento climatico”. L’Italia perde tre posizioni e scende al trentesimo posto a causa del rallentamento dello sviluppo delle rinnovabili e di una performance bassa nella politica climatica nazionale.
“Il peggioramento in classifica dell’Italia – spiega Mauro Albrizio, responsabile ufficio europeo di Legambiente – ci conferma l’urgenza di una drastica inversione di rotta. Si deve aggiornare al più presto il Pniec (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) per garantire una riduzione delle nostre emissioni climalteranti di almeno il 65% entro il 2030”. Se ciò accadesse, si andrebbe oltre gli obiettivi posti dal Pnrr, che ha previsto 70 miliardi per la transizione ecologica con l’aspirazione di ridurre le emissioni del 51% entro il 2030.
Secondo il rapporto, inoltre, le nazioni più virtuose sono quelle scandinave, con Danimarca, Svezia e Norvegia posizionate dal quarto al sesto posto, mentre in fondo alla classifica si piazzano Arabia Saudita, Canada, Australia e Russia, esportatori e utilizzatori di combustibili fossili. L’Unione Europea perde sei posizioni scendendo al ventiduesimo posto, a causa delle pessime performance di Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovenia. Più in basso la Cina, in trentasettesima posizione, e gli Stati Uniti cinquantacinquesimi, rispettivamente primo e secondo emettitore globale. Tra i Paesi del G20, infine, soltanto Francia, Germania, Regno Unito e India sono nella parte alta della classifica.