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VOTO/1 Marino nuovo sindaco di Roma. Il Pd trionfa ovunque. Ma è ancora record di astenuti: affluenza sotto il 50%

di Marcello Gelardini10 Giugno 2013
10 Giugno 2013

«Non andrò a festeggiare in Campidoglio; quello è un luogo sacro». Ignazio Marino non si lascia prendere la mano dall’entusiasmo e tiene i piedi ben saldi per terra. Sono passate poche ore dalla sua netta affermazione al ballottaggio e l’impressione che si ha è che voglia mettersi al lavoro quanto prima. A partire dalla “sua” Giunta: i primi nomi iniziano già a circolare.

Le sfide da affrontare sono tante e dare un segnale forte e immediato potrebbe essere il modo per iniziare col piede giusto l’avventura di Sindaco di Roma. Con il 64% dei voti, dunque, Marino rispetta i pronostici della vigilia e si prende la Capitale; il suo è un successo senza storia, di quasi trenta punti percentuale il distacco sullo sfidante Gianni Alemanno, fermo al 36%. Ma la giornata di ieri, per il Pd, è di quelle che al Nazareno non vivevano da tempo; 16 su 16: tutti i ballottaggi dei capoluoghi di provincia sono andati ad appannaggio del candidato di centrosinistra.

En plein Pd. In alcuni casi, sono risultati che fanno rumore; il centrodestra perde in un colpo solo Brescia, dove il sindaco uscente Adriano Paroli si è visto beffare dall’outsider Emilio Del Bono, e soprattutto Treviso, con la sconfitta del sindaco “sceriffo” Gentilini che pone fine al regno ultraventennale della Lega. Con le conferme di Ancona, Siena e Imperia la vittoria è su tutta la linea.
Al voto meno di uno su due. Ma, aldilà dei risultati, la tornata di ballottaggi non solo ha ribadito i pessimi segnali del primo turno ma, se possibile, ha fatto registrare risultati ben peggiori. L’affluenza, anziché decollare dietro la spinta degli appelli al voto degli ultimi quindici giorni, ha segnato dappertutto un crollo che va ben oltre le aspettative più nere. Così, stavolta, lo spauracchio che a conti fatti la percentuale dei votanti restasse sotto il 50%, soglia sotto cui diventa difficile non parlare di “fallimento politico”, è diventato realtà. I numeri sono impietosi: 48,5% degli aventi diritto, undici punti in meno rispetto a quel 59,7% di due settimane fa, quando già s’iniziava  a parlare di vittoria per il “partito degli astenuti”. E anche dove la contesa era più sentita, la tendenza non si è invertita: a Roma è andato alle urne il 44,93% degli aventi diritto, l’8% in meno rispetto al primo turno. Allora si disse che il voto fosse stato condizionato dalla domenica di passione dei romani, dovuta al derby di Coppa Italia; la realtà è ben diversa.
Errori e confusione. La disaffezione nei confronti della politica e ai massimi storici, segno che le capacità di convincimento dei partiti non attecchiscono più su un elettorato che vorrebbe vedere meno gazzarra è più azioni concrete. Perché anche la marcia di avvicinamento ai ballottaggi si è tradotta, in molti casi, in rissa verbale. A Roma, il tanto atteso confronto tra Marino e Alemanno a tre giorni dal voto, è sfociato in un reciproco attacco: poche idee, programmi per la città ridotti all’osso e l’impressione di assistere ad una gara per aggiudicarsi la palma di “miglior perdente”. E niente hanno potuto gli inviti al voto del sindaco uscente che, indietro al primo turno, aveva basato la sua mini campagna elettorale sulla chiamata alle urne; l’unica via per recuperare quei 120mila che lo separano da Marino.
Puniti dagli elettori. Leggermente meglio nei capoluoghi del Nord; ma c’è poco da stare allegri. Il calo è una costante ovunque; la mappa del voto non è per nulla omogenea, cambia di provincia in provincia e spesso è condizionata più dal peso specifico locale dei candidati che da un reale desiderio di partecipazione. Al sud, invece, il crollo è totale.
Qualcuno, dunque, almeno per oggi festeggerà; qualcuno altro s’interrogherà sugli errori commessi. Alemanno il primo ad ammettere le proprie colpe: «Non faccio lo scaricabarile – ha detto il sindaco di Roma uscente subito dopo aver ammesso la sconfitta – le colpe me le prendo tutte io». Per tutti, però, le prossime settimane dovranno essere utili soprattutto per preparare il terreno a un profondo esame di coscienza. Riavvicinare la gente alla politica sarà la missione non solo dei sindaci ma di tutti, vincitori e sconfitti.

Marcello Gelardini

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