Amnesty International chiuderà i suoi uffici a Hong Kong a causa della legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino, a fine giugno del 2020, che espone le ong al rischio di rappresaglie governative.
L’organizzazione ha due uffici a Hong Kong: uno, locale, dedicato alla salvaguardia dei diritti umani nell’ex colonia britannica e l’altro, regionale, che svolge principalmente attività di ricerca nell’Asia orientale, sudorientale e nel Pacifico. Nella nota diffusa oggi sul sito ufficiale di Amnesty, l’organizzazione ha spiegato che l’ufficio locale sarà chiuso il 31 ottobre mentre quello regionale verrà spostato “entro la fine del 2021”.
Il ritiro dell’organizzazione è dovuto alla stretta sui diritti e sulle libertà nella città, in corso ormai da mesi, da parte del governo cinese. Le restrizioni hanno portato anche allo scioglimento dell’Alleanza di Hong Kong, il gruppo che da 30 anni si occupa dell’organizzazione della “veglia del 4 giugno” in ricordo della violenta repressione delle proteste studentesche di Piazza Tienanmen del 1989.
“Questa decisione, presa a malincuore, è stata guidata dalla legge sulla sicurezza nazionale che ha reso impossibile, alle organizzazioni per i diritti umani nella città, di lavorare liberamente e senza timore di gravi rappresaglie da parte del governo”, ha affermato in una nota Anjhula Mya Singh Bais, presidente del board di Amnesty.
La legge era stata imposta da Pechino dopo le importanti mobilitazioni pro-democrazia dell’anno precedente, quando ad Hong Kong furono organizzate, quasi quotidianamente, manifestazioni per denunciare l’ingerenza della Cina sul territorio. La legge, che persegue i reati di secessione, eversione, terrorismo e collusione con Paesi stranieri, ha permesso di eliminare praticamente qualsiasi voce di dissenso. Ad oggi, infatti, è stato soppresso anche il quotidiano Apple Daily e sono state smantellate una trentina di organizzazioni.