La corsa al comune di Roma è stata la più social delle sfide elettorali. Con Vittorio Sammarco, docente di Comunicazione politica e opinione pubblica, abbiamo analizzato per Lumsanews l’utilizzo che i quattro candidati sindaci hanno fatto di Twitter durante la campagna elettorale.
Chi ha puntato di più sulla comunicazione social in questi mesi?
“Se analizziamo i profili Twitter la risposta risulta evidente. Appare chiaro che uno come Carlo Calenda, il leader di Azione, creda molto di più dei suoi avversari in questo tipo di comunicazione. Si è iscritto nel marzo 2014, poco dopo essere diventato viceministro dello Sviluppo economico, e ad oggi conta 314.360 follower. Anche l’ex sindaca Virginia Raggi ha iniziato a usare Twitter da prima della sua elezione, nel 2013, ed è la prima dei quattro con circa 513mila seguaci. Per chiudere il cerchio poi abbiamo il dem Roberto Gualtieri, con un profilo attivo dal 2010 ma con soli 63mila follower. All’ultimo posto c’è Enrico Michetti, candidato del centrodestra, che è approdato su Twitter appena due anni fa, e conta 5232 seguaci, quasi come una persona comune. L’efficacia della strategia comunicativa non si calcola, però, sul numero di follower né sulla precocità dell’iscrizione. Per avere risultati conta la qualità della presenza sul social”.
La capacità di utilizzare al meglio Twitter sta premiando Calenda?
“Lui ha una pagina abbastanza coerente con il profilo umano e personale che verifichiamo anche in tv. Un profilo aggressivo e vivace, sempre reattivo alle accuse, con risposte anche aspre, ironiche, ma questo è lui. Non è una personalità social costruita per piacere agli utenti, ma coerente con la realtà. Calenda interagisce, si confronta, è sentito come non artefatto e per questo piace anche agli avversari politici. Ed ecco qui il punto. Il leader di Azione nei suoi Tweet è battagliero, liberal, utilizza toni quasi populisti, strizzando l’occhio a quella parte del centrodestra che non è del tutto convinta del nome di Michetti. Ha sorpreso in tal senso, ma fino ad un certo punto, l’endorsement fatto qualche giorno fa a Calenda dall’attuale ministro dello sviluppo economico leghista Giancarlo Giorgetti. Infatti dai sondaggi risulta che molti elettori di centrodestra userebbero il voto disgiunto per votare la propria lista preferita e poi scegliere come sindaco Calenda”.
Come si sono mossi gli altri tre?
“Raggi ha assunto negli ultimi tempi un profilo molto più istituzionale, ha avuto una vera e propria trasformazione a livello social. Dalla denuncia antisistema è passata, da un po’ di mesi, a una strategia di comunicazione che prevede tweet continui su quello che è stato fatto durante il suo mandato, con il racconto delle iniziative, le novità e i provvedimenti nelle periferie. Dall’altra parte, nella città, c’è una condizione di decoro urbano che stride con questa narrazione di “buone notizie”. In ogni caso la sfida social lanciata da Calenda è stata accettata da Raggi, che è costante nei tweet, seppur meno efficace dell’avversario, e fa molto uso di ironia.
Gualtieri invece non considera molto importante l’utilizzo di Twitter, ha pochi tweet, è lontanissimo da un utilizzo efficace del social. Fa un grande utilizzo di foto e video, ma è poca l’interazione con gli utenti. Ha fatto molto discutere il suo slogan social “15 minuti”, che nelle sue intenzioni è il tempo che ogni cittadino dovrebbe impiegare per raggiungere il servizio pubblico che gli interessa. Ma nella logica della comunicazione breve e istantanea che viviamo in questi tempi, può essere accettato.
Per Michetti l’utilizzo di Twitter è evidentemente strumentale, perchè un politico “deve stare su Twitter”. Ma lui è difficilmente valutabile sul piano della qualità, se non impossibile. I suoi tweet sono tutte foto di ringraziamenti, non c’è un tema, ci sono appuntamenti. È come se non esistesse per lui e i follower sono pochissimi”.
I profili dei partiti hanno meno follower dei singoli leader. Non c’è interesse da parte delle formazioni politiche a comunicare sui social?
“Twitter premia un approccio “personalistico”, individuale, più che di partito. Si spiega così anche il fatto che la pagina del Partito democratico abbia molti meno seguaci del suo leader Enrico Letta. Su Twitter ho bisogno di sapere con chi sto parlando, per questo l’utente preferisce seguire Calenda piuttosto che Azione, Letta piuttosto che il Pd e così via. Calenda corre da solo e può comunicare in modo autonomo. Politici come lui, al di là delle preferenze di partito, hanno compreso come questo social sia ormai diventato una “bacheca pubblica” per politici e giornalisti, tenuta d’occhio dagli operatori dell’informazione quasi quanto le fonti più consuete”.