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HomeCronaca “La tutela della privacy non sia alibi per l’inerzia dei gestori di Telegram”

"La tutela della privacy
non sia alibi per l'inerzia
dei gestori di Telegram"

L'avvocato Scorza a Lumsanews

"Riservatezza garantita su tutte le app"

di Roberta Chiarello22 Settembre 2021
22 Settembre 2021

Guido Scorza è un avvocato cassazionista e componente del Collegio del Garante per la protezione dei dati personali. Ha spiegato a Lumsanews il nesso tra privacy e libertà d’espressione su Telegram.

Telegram è l’app che più di tutte tutela la privacy dei suoi utenti?

“Difficile dire che Telegram sia l’app che tutela di più la privacy dei propri utenti. Ci sono molte altre app che garantiscono un analogo livello di tutela della riservatezza delle comunicazioni scambiate sugli utenti. La dicotomia tra più riservatezza e meno sicurezza, peraltro, è, spesso, più apparente che reale. C’è, oggettivamente, molto che Telegram – al pari di ogni altra analoga app – potrebbe fare per garantire di più la privacy – e altri diritti – delle persone oggetto dei contenuti scambiati attraverso l’app senza sacrificare eccessivamente la privacy degli utenti.  Solo per fare qualche esempio: Telegram potrebbe rendersi più facilmente accessibile alle Autorità e intervenire più tempestivamente a rimuovere contenuti che risultano condivisi, all’interno di gruppi spesso molto ampi, in violazione della legge e, egualmente, Telegram, in caso di condivisione di contenuti in palese violazione di legge (immagini a contenuto pedopornografico ad esempio o immagini di revenge porn) potrebbe, certamente, intervenire anche autonomamente per la rimozione di taluni contenuti, la chiusura di gruppi dedicati a questo genere di attività o anche la semplice segnalazione alle autorità competenti”.

 Perché non è una limitazione della libertà di espressione e della privacy degli utenti censurare una chat Telegram?

“Su Telegram, innanzitutto, c’è chat e chat. Una cosa è lo scambio di un contenuto in una chat privata con un’altra persona e una cosa diversa è un gruppo aperto alla partecipazione di migliaia di persone. Nel primo caso ha senso preoccuparsi della tutela della riservatezza della comunicazione tra mittente e destinatario. Nella seconda, tale preoccupazione, dinanzi alla manifesta natura illecita dei contenuti condivisi o, in molti casi, alla circostanza che lo stesso titolo del gruppo invita alla condivisione esclusivamente o prevalentemente di contenuti illeciti, può certamente dirsi attenuata. La cosa importante è evitare che la tutela privacy non diventi un alibi per l’inattività del gestore della piattaforma”.

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