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Allarme di Save the Children
"16 milioni di bambini
non andranno più a scuola"

Le bambine sono le più penalizzate

In Italia divario tra Nord e Sud

di Gabriele Crispo07 Settembre 2021
07 Settembre 2021

I bambini delle scuole dell'infanzia Piaget rientrano in classe per cominciare il nuovo anno scolastico a Brescia, 6 settembre2021. Ansa Filippo Venezia

Nel mondo si stima che tra i 10 e i 16 milioni di bambini non torneranno più scuola. È ciò che emerge nel rapporto Buid forward better di Save The Children, secondo cui nel 2030 il 20% dei giovani e il 30% della popolazione adulta non sapranno leggere. A minare l’istruzione secondo la Ong sono le guerre, la crisi climatica e il persistere della pandemia.

La carenza di vaccini contro il Covid-19, gli eventi meteorologici estremi che  distruggono le scuole, gli attacchi agli istituti scolastici e la mancanza di connessione digitale, infatti, mettono in serio pericolo la formazione scolastica in 48 nazioni. A “rischio estremo”, secondo il rapporto, l’istruzione in Repubblica democratica del Congo, Nigeria, Somalia, Afghanistan, Sud Sudan, Mali e Libia. A “rischio alto” invece l’educazione degli studenti di Siria e Yemen. Save The Children sottolinea che già prima della pandemia 258 milioni di studenti – un sesto della popolazione totale in età scolare – non avevano accesso all’istruzione.

La Ong denuncia che le ragazze sono più penalizzate rispetto ai loro coetanei: nove milioni di bambine – rispetto ai tre milioni di maschi – che dovrebbero frequentare la scuola primaria probabilmente non vi accederanno mai.  Più della metà degli studenti delle scuole elementari del mondo hanno un livello d’istruzione molto basso, non vanno a scuola o sono al di sotto del livello minimo di competenza nella lettura. A causa della pandemia il numero di bambini il cui apprendimento è peggiorato potrebbe aumentare di altri 72 milioni.

Un rischio che non risparmia neppure gli studenti in Italia, che dopo un anno e mezzo di DAD fanno registrare una grave perdita nell’apprendimento. La percentuale di studenti “in dispersione implicita”, ovvero che non raggiungono livelli sufficienti sia in italiano che in matematica alla fine del percorso di istruzione, è aumentata dal 7 al 9,5% su base nazionale. Inoltre si registrano importanti disparità territoriali e una drammatica ricaduta sul Mezzogiorno. Gli studenti più grandi (all’ultimo anno delle superiori) soffrono di più del calo di competenze, e sono anche quelli che hanno totalizzato il maggior numero di settimane in DAD.

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