Da una settimana in Cina è iniziata una campagna di boicottaggio contro il marchio di abbigliamento svedese H&M, promossa dal governo per via di una dichiarazione della multinazionale sugli uiguri. I giornali e le tv da qualche giorno stanno invitando le persone a non comprare più da H&M. Impediti gli acquisti in molti negozi online e alcune celebrità cinesi hanno interrotto i loro accordi di sponsorizzazione col brand. Impiegati nella campagna anche siti cinesi come Weibo.
A settembre l’azienda con un comunicato aveva detto di non volersi più rifornire con il cotone proveniente dallo Xinjiang. Il sospetto era che nella regione cinese gli uiguri fossero sottoposti a lavori forzati. La dichiarazione era stata poi cancellata dal sito ufficiale di H&M. La tardiva risposta della Cina è una reazione alle sanzioni che l’Occidente ha imposto al paese per le violazioni dei diritti umani. I provvedimenti contro H&M sono anche una sorta di avvertimento per altri grandi marchi occidentali presenti in Cina.
Qualche giorno fa si è espresso in merito alla questione il portavoce del governo della Regione autonoma dello Xinjian, Xu Guixiang, dichiarando: “Imprese come H&M dovrebbero essere più vigili e distinguere meglio il giusto dallo sbagliato”.
Non si è fatta attendere la risposta di H&M, che ha provato a rassicurare sulla difficile situazione che sta vivendo in Estremo Oriente: “Siamo determinati a riconquistare la fiducia dei nostri clienti, dei nostri colleghi e dei nostri partner commerciali in Cina”, ha dichiarato il numero due del gruppo in un comunicato a margine dei risultati trimestrali. “Stiamo lavorando con i nostri colleghi in Cina per fare tutto il possibile per gestire le difficoltà attuali e trovare un’uscita”.