Gli Stati Uniti hanno lanciato nella notte un attacco aereo nella Siria orientale, colpendo una struttura legata ad una milizia filo-iraniana.
L’offensiva militare, la prima da quando si è insediato il presidente Joe Biden, è la risposta ad un attacco missilistico avvenuto lo scorso 15 febbraio contro una base aerea che ospita anche forze americane nella zona di Erbil, nel Kurdistan iracheno. Durante l’attacco, oltre ai numerosi feriti, erano stati uccisi un civile e un soldato americano.
Secondo il bilancio aggiornato, sarebbero 22 le vittime del raid, tutti miliziani. Lo riferisce Rami Abdel Rahmane, direttore dell’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, secondo cui gli attacchi sono stati compiuti nel distretto frontaliero siriano di Abukamal, nella regione di Dayr az-Zawr. In questa zona l’Iran ha stabilito da qualche anno, tramite soldati sovvenzionati dall’Iraq, una roccaforte di controllo lungo il corridoio di terra che va dall’altopiano iranico al Mediterraneo, passando per Siria e Libano.
L’attacco “manda un messaggio inequivocabile: il presidente Biden agirà per proteggere il personale americano e della coalizione” ha dichiarato il portavoce del Pentagono John Kirby. “Abbiamo agito in modo deliberato per una de-escalation della situazione generale nell’est della Siria e in Iraq” ha aggiunto. “Siamo convinti che l’obiettivo veniva utilizzato dalla stessa milizia sciita che ha condotto gli attacchi” ha spiegato, invece, il segretario alla Difesa Lloyd Austin.
Secondo alcuni analisti internazionali, sullo sfondo di questi avvenimenti ci sarebbe la possibile ripresa dei negoziati sul nucleare tra l’Iran, l’Europa e gli Stati Uniti. Inoltre la decisione di bombardare in Siria e non in Iraq concederebbe al governo di Baghdad il tempo di condurre le indagini sull’attacco che ha ferito i soldati americani.