La pandemia corre, molte attività rimangono chiuse, ma i ristori sono al palo, mentre 50 milioni di cartelle esattoriali rischiano di abbattersi sui contribuenti dal 1° marzo. Nonostante già un mese fa l’ex ministro dell’Economia e delle Finanze Roberto Gualtieri lavorasse alle bozze del decreto, ipotizzando che il provvedimento da 32 miliardi per aiutare le attività danneggiate dalle misure anti-contagio potesse giungere sul tavolo del Consiglio dei ministri entro una settimana, anche adesso, a più di dieci giorni dal giuramento del nuovo governo, quel decreto è in fase di preparazione.
Dopo settimane di stallo per la formazione del nuovo esecutivo, da Via XX Settembre il neo-ministro dell’Economia Daniele Franco non lascia trapelare previsioni sui tempi di approvazione. A pesare non è soltanto la recrudescenza del virus, che impone nuove chiusure e dunque nuovi ristori, ma soprattutto un cambio di filosofia alla base del sistema degli aiuti. L’idea del governo Draghi è quella di intervenire in modo mirato sulle attività: solo su operatori che nel 2020 abbiano perso il 33 % del fatturato e soltanto per coprire i costi fissi come ad esempio affitti ed utenze. Mirando a tutelare “i lavoratori e non le attività economiche”, il nuovo esecutivo punterebbe a scegliere quali aziende proteggere ipotizzando, grazie al sistema dei costi fissi, che le imprese con problemi contingenti legati al Covid possano rimanere a galla, mentre quelle che avevano bilanci deboli già prima della pandemia debbano “reinventarsi” oppure fallire.
A complicare ulteriormente il quadro sono le altre misure che devono trovare spazio nel decreto: dai fondi per la Cassa Integrazione a quelli per la Sanità, ma soprattutto il fisco, con il rischio che, se non si interviene entro pochi giorni con un rinvio della partenza delle cartelle esattoriali congelate fino al 28 febbraio, quest’ultime saranno inviate ai contribuenti a partire da marzo.