Sono 35, per un totale di 400 anni di reclusione, le condanne chieste dalla Procura di Taranto al termine della requisitoria nel maxi processo “Ambiente svenduto” sul disastro ambientale e sanitario creato dall’ex Ilva di Taranto. Le accuse sono: associazione a delinquere; disastro ambientale; omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro; avvelenamento di sostanze alimentari; omicidio colposo e altre imputazioni.
Le pene maggiori sono state richieste nei confronti della famiglia Riva, gli ex proprietari dello stabilimento che attraverso dati fasulli e contatti politici avrebbero proseguito nella produzione di inquinamento evitando leggi e controlli.
Per Fabio Riva la procura ha chiesto 28 anni di reclusione e 25 per il fratello Nicola Riva. Accusati anche l’ex direttore dello stabilimento Luigi Capogrosso e Girolamo Archinà, la “longa manus” dei Riva, come lo definisce la procura, ex responsabile delle relazioni istituzionali dell’Ilva. A lui, secondo quando riportano le indagini, il compito di mantenere rapporti con stampa e attività locali per tenere l’ Ilva lontano dalle accuse degli ambientalisti. Richiesta di carcere anche per l’avvocato Francesco Perli. La procura chiede sette anni per il legale accusato di aver “pilotato” le ispezioni del gruppo istruttore ministeriale che nel 2011 concesse alla fabbrica l’autorizzazione integrata ambientale.
Chiesti cinque anni di carcere per Nichi Vendola, ex Presidente della Regione Puglia accusato di concussione ai danni di Giorgio Assennato, l’ex direttore generale di Arpa Puglia ritenuto troppo severo nei confronti della fabbrica.
Il Tar di Lecce ha imposto lo spegnimento dell’area a caldo dello stabilimento di Taranto nel rispetto dell’ordinanza sulle emissioni del sindaco Rinaldo Melucci.
I sindacati sono stati convocati domani, alle 14:30, per una riunione sull’ex Ilva al Ministero dello Sviluppo economico. Alla riunione sarà presente il neoministro leghista Giancarlo Giorgetti.