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Muore il barone Cartier, uno dei due imputati del processo Eternit. La sentenza attesa per il prossimo 3 giugno

di Annalisa Cangemi23 Maggio 2013
23 Maggio 2013

Tra pochi giorni ci sarebbe stata la sentenza d’appello. Ma il barone belga Louis Cartier, uno dei due imputati del processo Eternit, non ha vissuto abbastanza. Si è spento l’altro ieri, all’età di 92 anni, nella sua villa. Una settimana fa era stato colpito da una lieve ischemia. Cartier era stato a capo dell’azienda fino agli anni Settanta. E ora la sua morte ha decretato l’estinzione della condanna in primo grado, e la prescrizione di ogni accusa contro di lui. Il pm Raffaele Guariniello aveva chiesto per il barone una condanna a vent’anni. In primo grado Cartier, accusato di disastro ambientale doloso, era stato condannato a 16 anni per le migliaia di morti provocate dalle esalazioni degli stabilimenti italiani. Inoltre avrebbe dovuto pagare una provvisionale di 98 milioni di euro. È apparso poche volte in pubblico il barone: l’anziana età gli ha permesso di rimanere al riparo dai riflettori. Ma questo non è bastato a placare la rabbia dei seimila ammalati e dei familiari dei duemila lavoratori della multinazionale, che sono ormai deceduti. 
Il secondo imputato rischia di pagare da solo la provvisionale. Lo svizzero Stephan Schmidheiny è stato amministratore delegato di Swiss Eternit Group nel 1976. Con le parti civili il Ceo di Eternit ha già raggiunto un accordo privatamente. Ma la somma che il comune di Casale, gli altri comuni sedi di stabilimenti Eternit, l’Inail, e le persone colpite chiedono ancora si aggira intorno al mezzo miliardo. E ora tutti questi soggetti, pur essendo già risultati vittoriosi, rischiano di essere esclusi dalla sentenza, prevista per il prossimo 3 giugno. Il giudice potrebbe stabilire che sia proprio lo Svizzero ad accollarsi il pagamento di quei 98 milioni, che in attesa dell’accertamento completo del danno, i due imputati avrebbero dovuto versare. 
Le vittime dell’amianto chiedono giustizia. E ora per le centinaia di persone che hanno partecipato a tutte le udienze del processo negli ultimi quindici anni si apre un nuovo periodo di incertezza. Il pensiero di Nicola Pondrano, ex operaio e sindacalista, capofila nelle proteste in difesa delle vittime dell’amianto, va subito alle famiglie ancora in attesa di un risarcimento: «Chi glielo va a dire a tutte quelle persone che si sono fatte quattro anni di viaggi in pullman Casale-Torino partendo con ogni clima alle sei del mattino per avere giustizia?»

Annalisa Cangemi

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