Aung San Suu Kyi, capo del governo del Myanmar, è stata arrestata dalle forze armate insieme ad altri leader politici e tutti i poteri sono passati al generale Min Aung Hlaing. Questa notte Myo Nynto, la portavoce del partito Lega nazionale per la democrazia (Lnd), ha dichiarato che Suu Kyi è detenuta nella capitale Naypyidaw. Poche ore dopo è stato annunciato alla tv nazionale il comunicato dell’esercito con cui è stato imposto lo stato di emergenza per un anno e il passaggio di potere al capo delle forze armate.
Le ragioni che hanno spinto l’esercito birmano a compiere un colpo di stato sembrano essere le elezioni legislative di novembre, vinte dall’Lnd. Da settimane, infatti, viene contestato il risultato del voto a causa di presunte irregolarità. Dopo aver assunto il comando, la tv gestita dai militari ha assicurato lo svolgimento di elezioni “libere e regolari” al termine dello stato di emergenza. In mattinata viene diffusa una nota del primo ministro Suu Kyi, che esorta il popolo birmano a “non accettare il colpo di Stato”.
Diverse sono state le reazioni in tutto il mondo. Gli Stati Uniti, che si dichiarano “allarmati” dai fatti accaduti nell’ex Birmania, chiedono di “aderire alle norme democratiche e di rilasciare i detenuti” e minacciano l’intervento in caso di mancata revoca delle misure. Seguono le dichiarazioni di Unione Europea, Gran Bretagna e del Segretario dell’Onu Antonio Guterres, che difendono i valori democratici e chiedono l’immediata liberazione dei prigionieri. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, ha comunicato la speranza di Pechino affinché venga raggiunto un equilibrio tra tutte le parti all’interno della cornice costituzionale del Paese. Per la Cina è importante “salvaguardare la stabilità politica e sociale”.