Dopo la sospensione dell’account Facebook dell’ex presidente Usa Donald Trump per l’assalto di Capitol Hill dello scorso 6 gennaio, Mark Zuckerberg, con un nuovo algoritmo, mette un freno alla politica in generale. «Abbiamo smesso di raccomandare gruppi militanti o politici negli Stati Uniti con l’avvicinarsi delle elezioni e ora intendiamo estendere questa regola a tutti», ha chiarito l’amministratore delegato del gruppo alla presentazione dei risultati trimestrali della piattaforma. L’obiettivo sarebbe quello di ridurre la visibilità dei contenuti politici nei principali feed di notizie degli utenti «per abbassare la temperatura e scoraggiare conversazioni divisive».
«Certo, sarà sempre possibile partecipare a discussioni e gruppi politici, per chi lo desidera» ha spiegato il fondatore del colosso social. Tuttavia la comunità virtuale di Facebook avrebbe fatto capire che non vuole che «la politica e le discussioni abbiano la precedenza sulle altre quando si usano i nostri servizi».
Zuckerberg ha poi evidenziato i guadagni record registrati negli ultimi mesi. Il gruppo californiano ha realizzato quasi 86 miliardi di dollari di vendite durante il 2020 e ha generato più di 29 miliardi di dollari di profitti, in crescita del 58% nonostante la pandemia. A gonfiare i conti sarebbero stati lo shopping online durante il Natale e l’aumento dell’utilizzo della piattaforma durante i lockdown causati dal Covid-19, il tutto tradotto in un salto in avanti della pubblicità. Questi risultati da Guinnes dei primati rischiano però di attirare l’attenzione di quanti si oppongono all’eccessivo potere di mercato in mano a Facebook, già nel mirino delle autorità europee e statunitensi per il caso Trump. Contro la società sono in ballo un’azione antitrust e l’accusa di blocco alla libertà di espressione attraverso la censura.