Arriva il primo sì del Tribunale di Palermo alla citazione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano come testimone al processo per la trattativa tra Stato e mafia che prenderà il via lunedì prossimo, 27 maggio. Il Presidente del collegio ha autorizzato la richiesta dell’intera “lista testimoni”, che comprende 178 nomi eccellenti tra cui, oltre al capo dello Stato, risultano Vincenzo Scotti, Giuliano Amato, Luciano Violante e anche l’ex presidente Carlo Azeglio Ciampi. A questo punto la lista, con il nome di Napolitano, il 27 maggio approderà in aula e saranno poi giudici della Corte d’Assise di Palermo, davanti ai quali si celebrerà il processo, a valutare l’ammissibilità di chiamare a deporre Napolitano. Il capo dello Stato dovrebbe riferire su una lettera che il suo ex consigliere giuridico Loris D’Ambrosio, stroncato l’anno scorso da un infarto, gli scrisse il 18 giugno.
La missiva di D’Ambrosio. Nella missiva D’Ambrosio annunciava le sue dimissioni dopo la pubblicazione delle intercettazioni delle sue conversazioni con l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, imputato di falsa testimonianza nel processo sulla trattativa. D’Ambrosio era particolarmente amareggiato dopo la pubblicazione di alcune sue telefonate con Nicola Mancino, intercettati nell’inchiesta sulla trattativa. D’Ambrosio negava, prima di morire l’estate scorsa, di avere esercitato pressioni sulla gestione delle indagini.
I giudici, con questa prima autorizzazione si sono espressi solo sulla legittimità e non sull’ammissibilità dei testimoni, che dovrà invece essere vagliata durante il dibattimento, anche alla luce del confronto tra le parti. I giudici però, in caso di ammissione, dovranno spostarsi a Roma al Quirinale perché secondo l’articolo 205 del codice di procedura penale “la testimonianza del Presidente della Repubblica è assunta nella sede in cui egli esercita la funzione di Capo dello Stato”.
La parte civile. La citazione del capo dello Stato viene chiesta pure da Salvatore Borsellino, il fratello del giudice ucciso il 19 luglio 1992, e da Sonia Alfano, il presidente della commissione antimafia europea che è costituita parte civile nel processo “Trattativa” come rappresentante dell’Associazione familiari vittime di mafia. Per il processo di Palermo, le parti civili Alfano e Borsellino chiedono però di sapere qualcosa in più dal capo dello Stato: «Le eventuali confidenze riferitegli da Mancino nel corso delle plurime conversazioni telefoniche intercorse fra i due e intercettate dalla Procura». Sono le conversazioni, poi distrutte, che hanno sollevato il conflitto di attribuzione fra il Quirinale ela Procura di Palermo.
Alessandro Filippelli