La riforma del Mes supera lo scoglio delle camere ma acuisce lo scontro Conte-Renzi. Il Parlamento ha accettato la risoluzione della maggioranza di governo sul meccanismo di stabilità: al Senato con una maggioranza stretta (156 sì contro i 129 no), mentre alla Camera la distanza è stata più ampia (297 sì e 239 no). Gli astenuti sono stati rispettivamente 4 e 7. Non sono mancate però tensioni, soprattutto nel Movimento 5 Stelle, dove una fronda interna dissidente, composta da due senatori e 13 deputati, non ha votato a favore. Nove rappresentanti grillini, sia in Senato che alla Camera, non hanno partecipato al voto. Il centrodestra, all’opposizione, è invece apparso compatto sul “no”.
Ad attaccare il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è stato soprattutto Matteo Renzi, leader di Italia Viva, che nel suo discorso ha dichiarato il voto favorevole del suo partito, ma ha anche avvertito il capo dell’esecutivo che sul Recovery Fund è pronto a far cadere il governo. L’ex sindaco di Firenze ha esternato tutta la sua strenua opposizione alla task force ideata da Conte.
In serata l’inquilino di Palazzo Chigi, in una telefonata ai principali giornali italiani, ha voluto proprio ribadire il punto. Secondo Conte, il team di manager che dovrà gestire i soldi europei sarà fondamentale, anche per garantire un monitoraggio e un rispetto dei tempi. Però “non sottrarrà potere e competenze ai ministeri”. Non c’è nessun pericolo di “commissariamento della politica” continua Conte, e sarà proprio il Parlamento, in un dialogo che coinvolgerà le Aule nella loro interezza, ad approvare il Recovery Plan.
Il premier ha poi sottolineato come non sia “spaventato dal confronto tra alleati” a patto che non scada in “sterili polemiche”. Non si parlerà di sconfitte o vittorie personali ma “a vincere o perdere sarà l’Italia, non Renzi e nemmeno Conte”.