Non si placa la bufera sull’ormai ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Dopo l’amara sconfitta alla presidenziali 2020 (che ancora non si appresta ad ammettere) nuovi grattacapi lo vedono coinvolto.
Questa volta sono, di nuovo, le indagini fiscali a vederlo protagonista perché, dopo lo scandalo portato alla luce dal New York Times lo scorso settembre sulla presunta evasione fiscale da parte del Tycoon negli ultimi dieci anni, le indagini degli inquirenti newyorkesi hanno evidenziato altre deduzioni per 26 milioni di dollari, riferite al pagamento di alcune consulenze.
Queste sarebbero state fatte dalla sua azienda, la Trump Organization, tra il 2010 e il 2018, per alcuni progetti che ora vedrebbero coinvolta anche la primogenita di Donald Trump, Ivanka.
Quest’ultima, infatti, subito dopo il suo insediamento alla Casa Bianca e la sua nomina a consigliere del presidente Usa, nel 2017, si sarebbe vista recapitare alcuni pagamenti da una società di consulenze da lei posseduta, per oltre 747 mila dollari; cifra esattamente corrispondente a consulenze legate ad alcuni progetti per la realizzazione di hotel alle Hawaii, a Vancouver e in Columbia.
Sospetti sono sorti anche in merito al ruolo di Ivanka in queste operazioni poiché, pur essendo una dirigente dell’azienda di famiglia, compare come consulente senza valide giustificazioni al momento.
L’inchiesta penale, che vede a capo il procuratore distrettuale di Manhattan Cyrus Vance, e quella civile, condotta dalla procuratrice generale dello Stato di New York Letitia James, si inserisce all’interno del filone d’indagine partito già lo scorso settembre e che vede indagato il presidente uscente americano Donald Trump per aver pagato pochissime tasse, rispetto al suo fatturato, nell’ultimo decennio, motivandole con perdite cospicue della Trump Organization rispetto ai suoi guadagni.