Ci sarebbe la mano del clan Piromalli dietro l’assegnazione di appalti a Gioia Tauro e zone limitrofe, in Calabria. A spartirsi la torta, almeno negli ultimi dieci anni, sarebbe stato un cartello composto da 57 imprenditori, in vario modo – secondo gli inquirenti – legati alla ‘famiglia‘, e grazie alla complicità di 11 funzionari comunali. I Piromalli avrebbero aggiustato gare, assegnato lavori a ditte amiche garantendo vantaggi per tutti gli interessati. È ciò che emerge da un’indagine della Guardia di Finanza, coordinata dal procuratore capo di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, che ha smantellato la rete criminale. Sono scattate le perquisizioni in Calabria ma anche a Messina, Palermo, Trapani, Agrigento, Benevento, Avellino, Milano, Alessandria, Brescia, Gorizia, Pisa, Bologna e Roma: gli imprenditori coinvolti non sono, infatti, soltanto di origini calabresi. Il valore dei beni sequestrati ammonta a circa 103 milioni di euro.
Il modus operandi variava, ma conduceva allo stesso risultato. Per ogni lavoro messo a gara, le imprese del cartello, riunite in Ati (Associazione temporanea d’imprese) o Rti (Raggruppamento temporaneo di imprese), presentavano offerte già concordate, in modo da far aggiudicare i lavori a una di quelle del gruppo. In alternativa le buste venivano consegnate in bianco e compilate da chi di dovere. Quando l’appalto veniva aggiudicato da una delle imprese che sarebbero state direttamente sotto il controllo dei Piromalli, o del loro braccio operativo, il clan Bagalà, si sarebbero incaricati dei lavori, oppure sarebbero subentrati attraverso le procure speciali rilasciate a loro uomini di fiducia.
Tra gli imprenditori coinvolti c’è il deputato leghista calabrese, Domenico Furgiuele, ex amministratore e titolare della maggioranza delle quote di una ditta di costruzioni, abbandonata due mesi dopo l’elezione in Parlamento. Furgiuele è indagato per due gare d’appalto, quella per l’eliporto dell’Ospedale di Polistena e quella per il ripristino della viabilità a Bandina. In tutte e due le situazioni avrebbe messo la sua società a disposizione delle manovre ordite dai Bagalà, espressione economica del clan Piromalli, per pilotare le gare d’appalto.