Adottare il “modello Genova” per far ripartire i cantieri in tutta Italia. Su questa proposta, rilanciata più volte da esponenti del governo e della maggioranza nelle ultime settimane, la politica sta discutendo. Tra i favorevoli c’è anche il primo ministro Giuseppe Conte, che per sbloccare la costruzione di opere pubbliche nel Paese si è detto favorevole a una deroga dal Codice degli Appalti, chiedendo però che l’allontanamento dalle norme previste sia accompagnato da “severi controlli”. Tra i contrari c’è invece chi quel codice lo ha approvato, l’ex ministro delle Infrastrutture e oggi capogruppo del Partito Democratico alla Camera Graziano Delrio.
Per il deputato Dem il dibattito “non si basa su dati reali” e dire che il Codice ha bloccato gli appalti “è pura demagogia”, ha affermato oggi in un’intervista a La Stampa. “Il codice è per l’ottanta per cento frutto di regole europee che hanno semplificato – ha continuato – non complicato il quadro”. Delrio punta il dito piuttosto contro la burocrazia, definita il vero “nemico”. “Vanno rafforzate le stazioni appaltanti, ovvero chi è chiamato ad approvare le opere”, ha dichiarato. Ha poi aggiunto che piuttosto che l’abolizione dell’Anac, sia più utile una riforma del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica, ndr): “Capita che per una sua autorizzazione passino mesi”. Insomma, per il capogruppo del Pd, un “modello Genova” non è facilmente replicabile.
Nella città ligure, per la ricostruzione del Ponte Morandi, si è deciso di nominare un commissario che agisse in deroga al Codice degli Appalti, affidando i lavori senza gara. Quella situazione però, per l’urgenza, l’importo (solo 200 milioni), e il fatto che le spese fossero tutte a carico di Autostrade per l’Italia, è stata un unicum.
Il Movimento 5 Stelle, capitanato dal viceministro alle Infrastrutture Cancelleri, pensa che si possa ripetere per far sbloccare centinaia di cantieri, trasformando gli amministratori delegati di Anas e Ferrovie dello Stato in commissari. Un modello, tra l’altro, previsto già dal decreto “sblocca cantieri” voluto dall’ex ministro grillino Danilo Toninelli.
Anche Italia Viva punta a norme meno rigide per far ripartire le grandi opere, con un piano di investimenti che può arrivare fino a 120 miliardi.
A Palazzo Chigi si lavora però a un compromesso: per gli appalti sotto i 5 milioni di euro si potranno evitare le gare, ricorrendo a procedure negoziate. Sopra quella cifra, invece, ci sarà una distinzione: per le “opere strategiche” ci saranno appalti senza gara, per le altre invece si farà ricorso a un bando semplificato. Il piano però, al momento, è ancora allo studio.