Sale la tensione in Libia. Il capo delle forze aeree dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna), espressione militare della fazione del generale Khalifa Haftar, Saqr al-Jaroushi, ha minacciato l’avvio “nelle prossime ore” di una “campagna aerea”, la “più vasta nella storia del Paese”, contro obiettivi della Turchia sul territorio nazionale. Secondo informazioni riportate dal ministro dell’Interno del governo di Tripoli (guidato da Al-Serraj e riconosciuto dall’Onu), Fathi Bashaga, la minaccia sarebbe concreta perché negli ultimi giorni otto caccia russi sono stati trasferiti dalla Siria alla Libia, e messi a disposizione dell’aviazione dell’uomo forte della Cirenaica. Si tratterebbe di sei MiG 29 s e di due Sukhoi 24 s.
Ahmed al Mismari, portavoce del Lna, ha anche annunciato sulla sua pagina Facebook che sono stati ripristinati dai tecnici dell’aeronautica e rimessi in attività quattro caccia da combattimento. Lo stesso Al Mismari annuncia che gli aerei verranno utilizzati nella battaglia contro il governo di Tripoli e contro “le milizie di Erdogan”. La risposta del governo turco alle minacce non si è fatta attendere: “In caso di attacco contro i nostri interessi in Libia, le conseguenze saranno molto pesanti e le forze golpiste di Khalifa Haftar saranno considerate obiettivi legittimi”, ha affermato il portavoce della diplomazia turca, Hami Aksoy.
Intanto, proprio nelle ore in cui veniva diffusa la notizia dell’arrivo nel Paese nordafricano degli otto caccia russi, il ministero degli Esteri di Mosca ha diffuso un comunicato nel quale si sottolineava “l’importanza di una cessazione immediata delle azioni militari e la ripresa del processo politico sotto l’auspicio delle Nazioni Unite”. In questa direzioni vanno anche gli sforzi del governo italiano: il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto missioni, nel quale viene ribadito l’impegno per attuare l’embargo e bloccare l’ingresso di armi in Libia.