La Fase due è iniziata ormai da 11 giorni e si aspettano i resoconti sui numeri dei contagi, per sapere se la riapertura parziale delle attività e degli spostamenti abbia avuto gli effetti desiderati. Al centro del dibattito, nelle ultime ore, la riapertura delle attività commerciali a partire dal 18 maggio e la possibile apertura agli spostamenti tra le regioni a partire dal 3 giugno. Ma rimangono i dubbi sull’evoluzione del virus in estate e su un possibile aumento dei casi in autunno. Lumsanews ha intervistato Roberto Cauda, infettivologo del Policlinico Universitario “Agostino Gemelli”.
Qual è attualmente la situazione epidemiologica in Italia? La Fase 2 sta funzionando?
“Siamo in un momento piuttosto delicato. Siamo a 11 giorni dalla riapertura parziale del 4 maggio. Sappiamo che il periodo di incubazione medio è di 5/6 giorni e il 99% dei casi si manifesta entro l’undicesimo giorno. Questo limite temporale presupporrebbe però che non ci siano ritardi di notifica e che i tamponi vengano fatti in tempi reali e che quindi ci sia stata una distribuzione omogenea dei contagi e della rilevazione degli stessi. Ovviamente più passano i giorni e minore è il rischio che si verifichi un rebound. Credo che in questa fase, che è molto delicata, non possiamo cantare vittoria adesso, però non posso non notare che in questi 11 giorni non ci sia stato quel temuto rebound.”
Quali sono i rischi della Fase 2?
“Ci possono essere dei rebound sia a livello nazionale, che regionale, che cittadino. Ad esempio, come è avvenuto nel Molise pochi giorni fa. Noi adesso sappiamo che la maggioranza dei casi sono in Lombardia, segno evidente che il fuoco non si è ancora spento.”
Cosa ne pensa del possibile via libera agli spostamenti tra regioni a partire dal 3 giugno?
“Quando ci sarà una auspicata apertura tra le regioni potrebbero esserci aperture tra regione e regione e non magari su tutto il territorio nazionale. Al 3 giugno alcune aree del nord non potranno ancora riaprire.”
Si è detto più volte che il caldo riduce la possibilità di contagio, è vero?
“È una curiosità che ci toglieremo tra poco. Però questa malattia si è comportata a volte in modo simile a volte molto differente dagli altri coronavirus, anche dalla Sars, con la quale condivide l’80% del patrimonio genetico. Il caldo non distrugge il virus perché le temperature per distruggerlo sono oltre i 60 gradi. Sicuramente si potrebbe attenuare, così come avviene per i comuni raffreddori causati da altri coronavirus, perché in estate non si sta più nei luoghi chiusi, e il caldo, a differenza del freddo, non riduce le difese a livello delle prime vie aeree. Inoltre, questa malattia avviene attraverso le goccioline che si depositano e il caldo favorisce l’evaporazione della parte liquida di queste goccioline quindi la componente biologica del virus si distrugge. Però bisogna avere la prova provata, personalmente ritengo che ci sarà una riduzione dei contagi.”
C’è la possibilità di aumento dei contagi in autunno?
“Il rischio c’è ed è un rischio consistente. Onestamente per la tipologia di diffusione e le caratteristiche del virus ritengo che sia quasi una certezza. Dobbiamo prepararci a un autunno armato, senza abbassare la guardia.”