L’operazione “Ritrovo” dei carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Bologna ha portato all’emissione di dodici misure cautelari per un gruppo di anarco-insurrezionalisti, sette in carcere e cinque all’obbligo di dimora. Le accuse sono di attentato incendiario, commesso nel capoluogo emiliano, e di “atti di violenza con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico dello Stato”.
L’azione del gruppo si concentrava soprattutto nel contrasto all’apertura dei centri permanenti di rimpatrio e più in generale aveva come obiettivo contro cui scagliarsi la legislazione del governo sulla gestione dell’immigrazione. Gli indagati durante manifestazioni pubbliche e cortei non organizzati, avrebbero provocato violenti scontri con le forze dell’ordine, danni a condomini ed edifici pubblici, con scritte minatorie e offensive nei confronti delle istituzioni dello Stato e delle strutture economiche, ad esempio verso sportelli bancomat della Banca Popolare Emilia-Romagna di Bologna.
Nell’ultimo periodo gli appartenenti al gruppo di anarchici erano impegnati anche in una campagna anti-carceraria, e avevano partecipato a diversi momenti di protesta a Bologna. Proprio per questo sempre maggiore attivismo si sono rese necessarie le misure cautelari secondo i carabinieri, nell’ottica di “una strategia preventiva volta ad evitare che in eventuali ulteriori momenti di tensione sociale”, causati dall’emergenza coronavirus, “possano crescere una più generale campagna di lotta anti-Stato”.
L’inchiesta, coordinata dalla procura della Repubblica di Bologna, era stata avviata dopo l’attentato incendiario della notte tra il 15 e il 16 dicembre 2018, contro ripetitori di reti televisive, ponti radio delle forze di polizia e antenne di ditte che forniscono servizi di intercettazioni e di sorveglianza audio-video; tutti a Bologna nei pressi di Monte Donato. Sul luogo fu trovato materiale di combustione e la scritta: “Spegnere le antenne, risvegliare le coscienze solidali con gli anarchici detenuti e sorvegliati”.
Le indagini erano state indirizzate contro attivisti dello spazio “Il tribolo” di Bologna e attraverso intercettazioni e altri accertamenti hanno ricostruito i rapporti tra gli indagati e gruppi di altre città, con pubblicazioni su blog e siti d’area. L’operazione ‘Ritrovo’ ha è stata condotta infatti anche a Milano e Firenze.