Centinaia di migliaia di lavoratori agricoli vengono impiegati nei campi per la raccolta dei più svariati generi alimentari, a partire dai pomodori. Ma quest’anno – a causa del Coronavirus – trovare braccianti è più difficile. Già un mese fa gli imprenditori hanno iniziato a denunciare la mancanza di manodopera, per un totale di circa 250mila persone, per lo più migranti. Loro – un numero molto più alto, troppo spesso sfruttati e vittime di caporalato – da anni ormai si occupano di raccogliere la frutta e la verdura che tutti i giorni abbiamo sulle nostre tavole.
Da qui la proposta – targata Italia Viva – della ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova di regolarizzare i braccianti sprovvisti di permesso di soggiorno, concedendo loro la possibilità di avere accesso a contratti a tempo determinato. Un’ipotesi su cui la maggioranza si sta spaccando e che arriva dopo la richiesta degli imprenditori agricoli di far lavorare nei campi i beneficiari del reddito di cittadinanza: “Stiamo ancora aspettando la risposta della ministra del Lavoro Nunzia Catalfo”, ha detto al Corriere della Sera Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura. “Negli ultimi due mesi la situazione è peggiorata. Ben venga la proposta di regolarizzare i migranti, ma o Stato dovrebbe occuparsi degli alloggi, perché non possono continuare a vivere nei ghetti”.
Il provvedimento non interessa esclusivamente i braccianti: a far parte delle categorie che la ministra Catalafo vorrebbe venissero regolarizzate ci sono anche le colf e le badanti, che portano quindi il numero totale dei potenziali beneficiari a 600mila persone. Secondo quanto è filtrato, il datore di lavoro dovrebbe recarsi in Prefettura a regolarizzare l’immigrato, che potrebbe farlo anche autonomamente.
Si ipotizzava la concessione immediata di un permesso di soggiorno per sei mesi, rinnovabile per altri sei. Ma le lunghe trattative che hanno impegnato i ministri di Politiche agricole, Interno, Lavoro e Sud, vanno verso la proroga di tre mesi del permesso di soggiorno per i braccianti cui è scaduto il contratto come lavoratori stagionali.
Critico Daniele Iacovelli, segretario della Flai-Cgil di Foggia: “È un passo avanti ma anche una foglia di fico, perché si sta facendo un accordo politico e non quello che serve alla filiera agricola né alle aziende”. Il rischio, secondo il sindacalista, è che “passati i tre mesi, molti braccianti si trovino “scoperti” con il permesso in piena campagna agricola, a metà agosto quando si raccolgono pomodori, peperoni o meloni. Così tornerebbero irregolari e quindi le aziende non potrebbero assumerli”.
Va ancora oltre Paolo Pezzati di Oxfam Italia, intervistato dal Redattore Sociale: “Perché non offrire anche la possibilità di avere un contratto a tempo indeterminato? Inoltre riteniamo che non dovrebbero essere imposti contributi onerosi e non sostenibili, che sarebbero inevitabilmente un ostacolo”.