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HomeCronaca Mascherine introvabili: si va verso un accordo tra Arcuri e le farmacie

Mascherine introvabili
Si va verso un accordo
tra Arcuri e le farmacie

Intesa per distribuire 10 milioni pezzi

Gizzi (Assofarm): "Per ora siamo fermi"

di Giacomo Andreoli07 Maggio 2020
07 Maggio 2020

Qualcosa si muove per sbloccare l’impasse sulle mascherine. A quanto apprende l’Ansa, nelle prossime ore sarà siglata un’intesa tra il Commissario per l’emergenza Domenico Arcuri, Federfarma e l’Associazione Distributori di Farmaci. L’accordo prevede la distribuzione di altri 10 milioni di mascherine alle farmacie, che saranno vendute al pubblico a 50 centesimi più Iva. I farmacisti pagherebbero a 38-40 centesimi le mascherine all’ingrosso, con un guadagno di circa 10 centesimi alla vendita per ognuna, raddoppiato rispetto ai mesi precedenti all’emergenza.

Le mascherine introvabili

La notizia arriva dopo giorni in cui i dispositivi per proteggersi dal Coronavirus sono nuovamente introvabili, con i prezzi non calmierati, nonostante l’intervento di Arcuri e con il forte rischio dell’esplosione del mercato nero.

L’annuncio era arrivato lo scorso 27 aprile, poi sabato scorso i dettagli. “Da lunedì 4 – aveva spiegato il Commissario – i cittadini troveranno le mascherine a massimo 50 centesimi più Iva in 50 mila punti vendita”. Ma le farmacie, come conferma l’indagine condotta da Cittadinanzattiva per La Stampa, sostengono di averle vendute quasi tutte prima dell’inizio della Fase 2, senza ulteriori rifornimenti. Molte mascherine erano poi già state importate a prezzi maggiori, con il ristoro previsto dalla Protezione civile ancora non attivato.

Secondo il presidente di Federfarma Marco Cossolo, intervistato ieri da La Repubblica, “è da almeno quindici giorni che gli importatori non le consegnano più” e “quelle con marchio CE non si trovano”. Quando è circolata l’indiscrezione che il governo ne avrebbe mitigato il prezzo i broker avrebbero infatti smesso di lavorare con l’Italia, ma non solo.

Lo scontro tra distributori e Arcuri

“Abbiamo fatto un accordo con la Protezione civile, le associazioni delle farmacie e i distributori intermedi, lo scorso 1° maggio” spiega a LumsaNews il presidente dell’associazione delle farmacie comunali AssoFarm, Venazio Gizzi. “La Protezione civile ha detto che alla prima call della Consip per l’acquisto a 38 centesimi hanno risposto cinque venditori, quasi tutti importatori e che c’erano diverse mascherine da rivendere. Tuttavia – prosegue Gizzi – la distribuzione ai magazzini non è ancora avvenuta. Dalle nostre farmacie arrivano diverse lamentele, perché i dispositivi sono in esaurimento. Dopo il 27 aprile non le hanno più potute acquistare”.

Secondo La Repubblica i distributori avrebbero sovrastimato il numero di mascherine a disposizione, mentendo al commissario straordinario Arcuri e alla Protezione civile. Lo scorso venerdì avrebbero infatti assicurato la presenza di 12-14 milioni di pezzi, ammettendo ieri che sono solo 3,5 quelli validati e vendibili. I distributori avrebbero poi chiesto una sorta di sanatoria per vendere le mascherine non a norma, con il Commissario straordinario che avrebbe minacciato di dirottare la vendita sul canale delle tabaccherie e dei Monopoli di Stato, facendo rientrare la richiesta e andando verso l’accordo per la distribuzione di oggi.

In merito alle certificazioni, per Gizzi “quelle che sono arrivate fino ad oggi nella nostra rete sono tutte in regola”. Tuttavia il presidente ci tiene a specificare: “Noi avevamo fatto una proposta: abbassare l’Iva al 4% e di mettere una percentuale massima di ricarico sull’acquisto delle mascherine da parte dei distributori. Non ci hanno risposto”.

Gli altri dispositivi

Ma l’accordo riguarda solo le mascherine chirurgiche. “50 centesimi per molte delle nostre aziende è praticamente il costo industriale” dice a LumsaNews Gianfranco Di Natale, Direttore di Confindustria Moda, che insieme a Sportello Nazionale Amianto e Federmoda hanno messo in piedi un piano nazionale di riconversione industriale con 400 aziende per una produzione a regime di 5 milioni di mascherine al giorno.

“Quel prezzo – aggiunge Di Natale – abbiamo ritenuto che si riferisca e si riferirà solo al modello chirurgico. La grande maggioranza delle mascherine che facciamo noi è del terzo tipo, cioè i dispositivi per la collettività, che si possono fare senza le certificazioni. Queste mascherine possono essere riutilizzate e si vendono a più di un euro. Abbiamo già fatto diversi accordi per la distribuzione”.

Dal canto loro, i vertici del Commissario straordinario ostentano sicurezza. “A breve i 5 macchinari che abbiamo contribuito a realizzare inizieranno a produrne 4 milioni al giorno – spiegano – per arrivare poi a 25 milioni a metà luglio e 35 milioni a settembre con la riapertura delle scuole”.

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