Lavorare meno, per lavorare tutti. In vista del decreto di maggio, prende infatti corpo l’ipotesi di una riduzione delle ordinarie quaranta ore settimanali, compensata dallo Stato. La scelta, dettata dalla necessità di far fronte alla crisi da Coronavirus, permetterebbe di impiegare il tempo “risparmiato” in formazione, magari digitale, finanziata dallo stesso ministero del Lavoro. Il tutto senza intaccare le buste paga dei dipendenti.
Il Governo e il ministro Nunzia Catalfo studiano la questione. Il premier Giuseppe Conte già ieri ne ha discusso con i sindacati, a cui, ovviamente, l’ipotesi è piaciuta. La Cgil ha approvato il taglio, subordinando però l’applicazione vera e propria all’iniziativa delle parti. “D’altronde, già oggi con i contratti di solidarietà si percorre la strada della riduzione dell’orario con il contributo dello Stato. Che però adesso non copre il 100%”, ha spiegato all’Ansa la segretaria confederale Ivana Galli. Sulla stessa linea la Cisl.
A condizione che “il confronto parta dal mantenimento della retribuzione e della contribuzione previdenziale”, sottolinea il segretario aggiunto Luigi Sbarra. Soddisfatto, infine, il leader della Uil Carmelo Barbagallo, che ha ricordato di avere sostenuto un taglio già prima dell’emergenza Coronavirus. Per il resto, ha indicato nella “partita dei rinnovi contrattuali”, che riguarda “oltre dieci milioni di lavoratori”, la sede adeguata per affrontare la questione.
In queste ore, intanto, Conte ne sta parlando con le imprese. Già nei giorni scorsi erano arrivati spiragli da Confindustria, con il presidente designato, Carlo Bonomi, che aveva auspicato un aiuto del Governo per “ridefinire dal basso turni, giorni e orari di lavoro per il 2020”. Queste novità del decreto di maggio, infatti, saranno “a tempo”.
E hanno già il placet della task-force istituita presso il ministero dell’Innovazione. Gli esperti, infatti, vedono in una riduzione dell’orario un modo efficace per far rispettare il distanziamento sociale nei luoghi di lavoro. In ogni caso, si tratterebbe di una soluzione meno onerosa rispetto alla cassa integrazione a zero ore. Anche per questo, già da domani (o al massimo venerdì) il provvedimento potrebbe passare al Consiglio dei ministri.