È iniziata la fase 2: per gli italiani è il momento di convivere con il coronavirus, provando a riprendere gradualmente le attività interrotte lo scorso marzo. Il ministro della Pubblica Istruzione, Lucia Azzolina, ha annunciato che le scuole riapriranno a settembre, ma il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha ipotizzato che, in via sperimentale, asili nido e scuole materne potrebbero riprendere le attività già da giugno. Abbiamo chiesto un parere su questa eventualità alla dottoressa Annalisa Rosiello, avvocato giuslavorista.
“La valuto in maniera positiva, prima di tutto per i bambini – che possono così recuperare relazioni, attività sociale e motoria – ma anche per i genitori, che possono riprendere o continuare l’attività lavorativa. È evidente che poter affidare i bambini a centri idonei, con educatori preparati, sarebbe la soluzione ideale soprattutto per i genitori che non possono lavorare in smart-working, dato che sarebbero sgravati dal seguire i figli mentre si recano in azienda o anche mentre lavorano in modalità agile”.
“È intuibile che i bambini potrebbero fare più fatica nel mettere in atto il distanziamento fisico dai compagni di gioco. Ma il rischio potrebbe tuttavia essere ridotto in modo significativo privilegiando spazi aperti o comunque molto ampi, istituendo gruppi contenuti (8-10 bambini) per ciascun educatore, il tutto accompagnato dagli avvisi di seguire accuratamente le norme igienico-sanitarie per la prevenzione del contagio (in primis utilizzo delle mascherine, cui i bambini sembrano non essere refrattari). D’altro canto è molto importante, ed è stato sottolineato da psicologi dell’infanzia ed educatori, che i bambini riprendano presto a socializzare e a relazionarsi – pur con le cautele del caso – per non incorrere in disturbi o criticità nel caso in cui l’isolamento si prolunghi ulteriormente. Una sperimentazione di centri estivi è stata ad esempio proposta dal Comune di Firenze. Il bisogno di socialità dei bambini, in sostanza, va in tutti i modi preservato e non è compensabile assumendo una baby sitter (per chi se la può permettere)”.
“Sicuramente. La cura dei figli più piccoli o comunque in età scolare e anche la cura dei familiari anziani è ancora oggi affidata in misura percentuale notevolmente maggiore alle donne rispetto agli uomini. Pertanto queste iniziative andrebbero a impattare positivamente sulla posizione delle donne e sulla loro possibilità di mantenere il lavoro e crescere professionalmente”.
“La didattica a distanza, per i bambini più piccoli, non è dal mio punto di vista ipotizzabile: la relazione diretta con le maestre e i compagni è fondamentale e anche il contatto con il mondo esterno, con la natura. Questa potrebbe essere una buona occasione per organizzare uscite sul territorio, più adatte ai piccoli rispetto ad attività di didattica, tanto più a distanza”.
In situazioni di difficoltà e di emergenza solitamente le famiglie potevano fare affidamento sui nonni. I più colpiti dalla pandemia sono però proprio gli anziani. I contatti con i nipoti potrebbero mettere a serio rischio la salute. La mancanza di questo “appoggio” ha accelerato l’esigenza di riaprire scuole materne e asili nido?
“Sicuramente. Le famiglie per il momento non possono più fare affidamento sui nonni, o per lo meno non in maniera assorbente ed esclusiva come poteva avvenire in precedenza. Pertanto occorre studiare soluzioni alternative quali appunto quella della apertura di asili nido e scuole materne, pur con le cautele di cui ho parlato”.
“In presenza di un numero adeguato di educatori e gruppi ristretti di bambini, attraverso un’adeguata e mirata sensibilizzazione dei bambini al rispetto delle regole, dal mio punto di vista si potrebbero limitare notevolmente i rischi e nello stesso tempo agevolare e favorire la ripresa dei contatti tra bambini e con gli educatori, attività estremamente importanti per la crescita e lo sviluppo armonico dei più piccoli”.