Comincia la “Fase 2” anche per le inchieste della magistratura sulla gestione dei malati di coronavirus nelle Rsa. A Milano partono le audizioni di familiari delle vittime e degli operatori sanitari. Dalla Liguria invece arrivano nuove denunce: i gestori delle case di riposo dicono di aver ricevuto l’indicazione di non mandare gli infetti in ospedale, decisione che ha portato a decine di morti. Anche per questo, i parenti delle vittime hanno deciso di fondare un comitato per chiedere giustizia.
Ma partiamo da Milano. Nella procura del capoluogo lombardo, dove i magistrati stanno indagando su una ventina di Rsa, inizieranno le deposizioni dei familiari delle vittime e degli operatori sanitari. È stato realizzato un protocollo per garantire la tutela della salute delle persone che si recheranno negli uffici della polizia giudiziaria di via Pace: distanza di almeno due metri e divisori di plexiglass. Le forze dell’ordine stanno continuando a raccogliere documenti cartacei e informatici per fare chiarezza. I punti su cui i procuratori del pool salute e ambiente si stanno concentrando sono le direttive sull’uso e sulla carenza dei dispositivi di protezione individuali, sui tamponi e sull’ingresso dei parenti. Ma anche sul trasferimento dei pazienti dagli ospedali alle Rsa (decisa da una delibera regionale dell’8 marzo), e sulla presunta commistione tra malati covid e anziani “sani”.
In Liguria invece i gestori delle case di riposo denunciano, in una lettera aperta diffusa nei giorni in cui le Rsa liguri sono al centro di un’inchiesta della procura di Genova per epidemia colposa: “Ci chiesero di curare i nostri ospiti nel loro ambiente”, ossia di non trasferirli in ospedale. Nelle strutture socio-assistenziali sono morti infatti 1.193 ospiti. Negli ultimi giorni, alcuni esposti anonimi hanno denunciato che alcuni direttori sanitari avrebbero imposto ai dipendenti di non indossare dispositivi di protezione a inizio pandemia per non spaventare i degenti. Una circostanza da chiarire.
Verità e giustizia, è quello che chiedono i parenti delle vittime che si stanno organizzando nel comitato no profit “Noi denunceremo”. “Siamo 50mila. Abbiamo messo insieme un team di legali che ci seguiranno e stiamo vagliando tutte le segnalazioni che ci arrivano su Facebook”, dichiara Stefano Fusco, a capo dell’iniziativa. “Non chiederemo però risarcimenti, perché se iniziamo a parlare di soldi la cosa si corrompe”, aggiunge. L’intento è quello di costituirsi parte civile nei processi: “Ma non intenteremo causa agli operatori sanitari, che anzi vogliamo dalla nostra parte e che si uniscano a noi”.