La Libia tra due fuochi. La guerra e il coronavirus mettono in ginocchio Tripoli, che soffre davanti all’avanzata di due fronti da gestire. Un dossier dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) denuncia che la situazione al di là del Mediterraneo sta peggiorando giorno dopo giorno, tra danni umanitari e il crollo del prezzo del petrolio, ai minimi storici.
È passato un anno dall’inizio dell’offensiva su Tripoli e lo scenario è visibilmente mutato. Proprio l’esercito governativo ha riconquistato le città di Sabratha e Surman. Il sostegno della Turchia alle truppe di Fayez al-Serraj ha cambiato gli scenari, anche se il costo è molto alto: migliaia di vittime da una parte, danni economici dall’altra. Il mercato del greggio è ai minimi storici: un ribasso del 40% del prezzo del Wti al barile, raggiungendo gli 11 dollari, il minimo da 21 anni.
Proprio per questo l’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) invoca la “tregua umanitaria”, per aiutare la Libia a fronteggiare l’emergenza coronavirus. Attualmente in tutto il paese si contano 68 casi accertati e un decesso, ma il dato è destinato ad aumentare. Anni di guerra hanno portato alla mancanza di materiale sanitario, oltre a un sistema al collasso tra macchinari e medicinali mancanti. L’unico ospedale presidio contro il Covid-19, quello di Al Khadra, è stato bombardato tre volte nell’ultima settimana.
Negli ultimi anni in Libia ci sono stati più di duemila morti e circa 150mila sfollati. Ora il Paese si ritrova a fronteggiare anche l’emergenza coronavirus, mentre l’Onu si sta attivando per trovare una soluzione politica e un successore di Ghassan Salamé, ex inviato Onu per la Libia dimessosi recentemente. La situazione, però, sembra difficile da districare, con la Libia che adesso, oltre al fuoco dei fucili, deve affrontare anche il “mostro” del coronavirus.