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HomeEconomia Coronavirus, come funziona il Mes il mezzo con cui l’Europa vuole battere la recessione

Come funziona il Mes
il meccanismo con cui l'Ue
fronteggia la recessione

Ma oltre 100 economisti lo osteggiano

"È insufficiente, serve debito comune"

di Federico Marconi16 Aprile 2020
16 Aprile 2020
Foto Pixabay

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Mes, Sure, Bei. È un’azione su tre fronti quella messa in atto dall’Unione europea per contrastare le difficoltà economiche causate dall’epidemia del coronavirus. E per cercare di mitigare gli effetti di una recessione che – stando alle previsioni pubblicate ieri dal Fondo monetario internazionale – farà contrarre l’economia dei paesi del Vecchio Continente tra i 7 (Francia e Germania) e i 10 (Grecia) punti percentuali (per l’Italia -9%).

Niente Eurobond, per il momento, né Recovery Fund. L’accordo trovato dai ministri delle Finanze nell’Eurogruppo prevede un fondo da 100 miliardi per contrastare la disoccupazione (Sure, acronimo di Support to mitigate unemployment risks in emergency, voluto dalla Commissione europea), e uno da 200 della Banca di investimento europea (ma con condizionalità molto precise).

Se su queste misure non ci sono discussioni, è ancora molto acceso il dibattito soprattutto sul Mes. Il Meccanismo europeo di stabilità, creato nel 2011 per contrastare crisi finanziarie analoghe a quelle del 2008, prevede dei paletti molto precisi: in cambio del finanziamento, un memorandum stipulato dal Paese che lo riceve impone precise riforme dell’economia interna. Su questo si è giocata la partita tra i paesi dell’Unione: quelli del Nord – capeggiati dall’Olanda e dalla Germania – non volevano deroghe a questa regola, quelli del Sud – con Italia, Francia e Spagna in prima linea – chiedevano di soprassedere. L’accordo è stato trovato a metà strada: i Paesi potranno richiedere l’intervento del Mes senza condizioni solo per le spese sanitarie durante l’emergenza coronavirus e per un ammontare che non superi il 2% del Pil (che per il nostro Paese equivale a 36 miliardi). Un modo, questo, per non utilizzare tutto il budget del fondo di 500 miliardi di euro.

Un accordo che ha fatto storcere il naso non solo alle forze di governo italiane. Le misure decise all’Eurogruppo sono considerate “insufficienti” da oltre 100 accademici, che hanno firmato un appello, con cui chiedono a Palazzo Chigi di non sottoscrivere questo accordo sul Mes alla prossima riunione del Consiglio europeo. Per i firmatari, l’accordo dei ministri delle Finanze “prefigura strumenti inadatti e segna una continuità preoccupante con le scelte politiche che hanno fatto dell’eurozona l’area avanzata a più bassa crescita nel mondo”. Secondo gli economisti, andrebbe ricercata un’altra soluzione, che tenga conto di due importanti necessità: l’attivabilità in tempi il più possibile brevi e la riduzione al minimo possibile dell’aumento dell’indebitamento degli Stati, già destinato inevitabilmente a crescere per finanziare gli interventi indifferibili per ridurre i danni della crisi.

L’uscita dalla crisi, secondo i sottoscrittori dell’appello, può avvenire solo in altro modo: “La sola opzione che risponda a questi due requisiti è il finanziamento monetario di una parte rilevante delle spese necessarie da parte della Banca centrale europea. Si tratta di una opzione esplicitamente vietata dai Trattati europei. Ma anche i trattati, in caso di necessità, possono essere sospesi nel rispetto del diritto internazionale e questo è oltretutto già avvenuto”.

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