Soldi contro salute, Dio denaro contro buon senso. Oggi la vera partita di calcio si sta giocando fra chi vuole seguire il profumo delle banconote dei diritti tv e chi preferisce aspettare, prima di tornare in campo, che l’emergenza sanitaria si plachi del tutto. Il terreno di gioco non è né la “Scala del calcio” di San Siro né il “teatro dei sogni” dell’Old Trafford, bensì i palazzi e i tavoli delle federazioni calcistiche europee.
Da una parte le leghe nazionali e la Uefa capitanata da Aleksander Ceferin, che spingono per riprendere a giocare nel più breve tempo possibile, paventando i rischi economici che una sosta troppo lunga potrebbero avere sul sistema calcio. Dall’altro lato tutti coloro che, pur avendo a cuore il mondo del calcio quanto i primi, provano a prendere tempo e aspettare un via libera generale.
Su questo secondo versante si è schierato il presidente della Fifa Giovanni Infantino che in un messaggio ha esortato al realismo e a guardare al presente. “Oggi dobbiamo pensare a portare sollievo a chi soffre, dobbiamo seguire le regole che ci dicono le autorità scientifiche, per frenare e sconfiggere questo maledetto Coronavirus. Il mio cuore italiano è lacerato dalle immagini di sofferenza terribile che descrivono i lutti che stanno colpendo le famiglie del Paese. Ma tornerà il tempo del calcio e allora festeggeremo insieme l’uscita da un incubo”.
In Inghilterra è fissato per oggi un nuovo vertice fra i venti club della Premier League. Due gli argomenti all’ordine del giorno: date e format per una possibile ripresa del calendario e trattativa per la riduzione degli stipendi dei calciatori, considerato l’impatto economico dello stop del campionato.
I britannici vogliono concludere il torneo a tutti costi, ma il picco della pandemia deve ancora arrivare, e il rischio di dover giocare ogni tre giorni per finire le gare senza ripercussioni sul prossimo campionato è alto. Per questo si era pensato di proporre una modifica al numero delle sostituzioni durante un match, aumentandolo da tre a cinque. Una richiesta che in ogni caso dovrebbe ottenere il sì della Ifab e della Fifa.
In serie A la partita non sembra essere diversa da quella che si sta giocando a livello internazionale. Dopo il presidente Gabriele Gravina, che mercoledì ha indicato il 20 maggio come data della possibile ripartenza del nostro calcio, ieri il ministro dello Sport Vincenzo Spadafora ha spiegato che è allo studio “un piano straordinario per le iniziative che devono partire da maggio, cioè da quando speriamo di poter essere fuori dall’emergenza coronavirus per pensare al futuro. Ma a quella data tutte le realtà sportive devono arrivare con le risorse necessarie”.
La prima verifica in questo senso ci sarà oggi pomeriggio in occasione dell’Assemblea straordinaria dei club. Altro tavolo, stessa partita. Le distanze fra Figc e Aic restano ampie e difficilmente avvicinabili in tempi brevi. Al centro del “campo” i calendari sui quali i club di serie A sono profondamente divisi. C’è chi è disposto a giocare fino ad agosto pur di portare regolarmente a termine la stagione e chi ritiene che non ci siano le condizioni per riprendere.
Gli interessi in gioco sono differenti e ogni club ha le proprie ragioni per spingere in un senso o nell’altro. C’è, ad esempio, chi ha ancora obiettivi di classifica e con la ripresa del campionato avrebbe la possibilità di conquistare un traguardo, dalla salvezza fino allo scudetto, passando per le qualificazioni alle coppe europee. Chi al contrario trarrebbe giovamento dal congelamento della classifica, scongiurando un rischio retrocessione.
Altra questione problematica è quella legata ai diritti tv. È sotto gli occhi di tutti che i milioni di euro che le televisioni pagano alle società rappresentano il vero motore che permette di tenere in vita la terza industria del Paese. Nei bilanci, la voce diritti tv rappresenta la più succosa del bilancio, figuriamoci adesso che per le società stanno venendo a mancare gli incassi provenienti da stadio, merchandising e attività commerciali connesse. Per capire di cosa si parla, la rata che Sky e Dazn dovranno pagare entro maggio vale 233 milioni di euro.
Le emittenti televisive hanno comprato dai club la trasmissione delle partite, da mandare in onda per i loro utenti. Spettacolo che per adesso non sta andando in scena. Di conseguenza il rischio di ricevere numerose disdette dagli abbonanti dei pacchetti di sport e calcio è alto. È un circolo vizioso in cui le parti in campo hanno bisogno le une delle altre per non sprofondare nella crisi. Anche qui al fronte del “ripartiamo” guidato da De Laurentis e Lotito si oppone quello opposto, con a capo Cellino e Cairo.
In Germania, ad esempio, dopo quasi un mese di stop forzato a causa della pandemia, Dazn ha sospeso i versamenti alla Lega tedesca fino a quando non si farà chiarezza sulle 81 partite da disputare nelle ultime nove giornate di campionato. La società ha annunciato licenziamenti del personale in esubero, a causa della drastica cancellazione di eventi sportivi. La rata finale che la pay-tv doveva versare era di trenta milioni di euro a fronte dei 330 milioni ancora mancanti da parte di Sky Deuschland che ha un onere annuo di 876 milioni di euro.
Da qualsiasi prospettiva si guardi, in qualsiasi Paese si viva, il pianeta calcio per tutto quello che gravita intorno riveste un ruolo troppo importante. In questo momento, però, la vera partita, quella che conta di più, dove in gioco non ci sono i tre punti, ma la vita di tante persone, si sta giocando negli ospedali. Fino a quel momento il calcio può aspettare.