I conti non tornano sul numero dei guariti da coronavirus, soprattutto in Lombardia. “Sono sovrastimati”, lancia l’allarme Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe che – in collaborazione con YouTrend – ha analizzato definizioni e discrepanze nella categoria “dimessi/guariti” utilizzata dalla Protezione Civile.
Una denuncia importante, perché “se il numero dei casi chiusi (morti e guariti, ndr) è condizionato, nel bene e nel male, dalla qualità dell’assistenza sanitaria, quello dei casi attivi (ancora positivi al tampone, ndr) influenza sia le decisioni sanitarie per contenere l’epidemia, sia quelle politiche per l’eventuale rimodulazione delle misure di distanziamento sociale”, spiega Cartabellotta.
Un dato che condizionerà anche il passaggio a quella che il governo chiama “Fase 2”, in cui i cittadini potranno godere di minori limitazioni ai propri diritti. Ne ha parlato questa mattina a Radio Capital il capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli: “Dopo Pasqua e Pasquetta, passeremo a casa anche il primo maggio. La “Fase 2″ potrebbe cominciare il 16 maggio, dipende dai dati”.
Proprio quei dati che, secondo lo studio Gimbe-YouTrend, sono poco attendibili. Lorenzo Pregliasco, della società di sondaggi, parla di “misclassificazione e scarsa trasparenza”. Questo perché ogni Regione fa come vuole: sulle otto analizzate, in cui sono presenti l’85 per cento dei contagi, soltanto cinque (Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Piemonte e Toscana) considerano tra i “dimessi/guariti” sia le persone che non hanno più bisogno di cure cliniche, sia quelle che non sono più positive. Il Veneto specifica soltanto la guarigione virologica, mentre Marche e Lombardia non specificano nessuna delle due situazioni.
La regione guidata dal leghista Attilio Fontana è accusata quindi di sovrastimare il tasso dei guariti (a ieri quasi 12mila, il 68% su scala nazionale), conteggiando i tantissimi dimessi (persone non ancora negative al coronavirus, ma che non hanno più bisogno di assistenza in ospedale, ndr).
“Al fine di non alimentare un irrealistico senso di ottimismo sul reale andamento dell’epidemia, rischiando di affidare le decisioni sanitarie e politiche ad un numero che contiene anche casi ancora attivi – scrive Cartabellotta – la Fondazione Gimbe chiede al Ministero della Salute e alla Protezione Civile di allineare la comunicazione pubblica ai criteri di guarigione clinica e virologica ribaditi il 19 marzo dal Comitato Tecnico-Scientifico”.