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HomeEconomia Coronabond, Unione europea in stallo
Gentiloni: “Un accordo? Non sono ottimista”

Coronabond, Europa in stallo
Gentiloni: "Intesa possibile
ma non sono certo ottimista"

De Guindos e la Bce aprono sul tema

Sassoli: "La Germania faccia chiarezza"

di Federico Marconi30 Marzo 2020
30 Marzo 2020

epa08264532 European Commissioner for Economy Paolo Gentiloni speaks to reporters alongside other EU officials on the bloc's response to the ongoing spread of the COVID-19 disease caused by the novel SARS-CoV-2 coronavirus during a press conference at the Emergency Response Coordination Centre (ERCC) in Brussels, Belgium, 02 March 2020. EPA/STEPHANIE LECOCQ

Eurobond, no. Coronabond, forse. Non è ottimista Paolo Gentiloni: “Una condivisione generica per mutualizzare il debito non verrà mai accettata”. Per il commissario agli affari economici dell’Unione europea, intervenuto questa mattina a Radio Capital, l’emissione di buoni del tesoro comuni deve essere finalizzata a “una missione”, come quella di finanziare il contrasto alla “emergenza sanitaria”.

Non si fa illusioni nemmeno su una modifica delle condizioni per accedere ai fondi del Mes: “Non è la Spectre, è uno strumento condiviso. La discussione è sulle condizionalità, ma non sono molto ottimista nemmeno su questa”, prosegue Gentiloni. Una strada più agevole è quella che porta all’emissione di Coronabond, su cui “un’intesa si può trovare”. A questa ipotesi apre anche il vicepresidente della Bce, lo spagnolo Luis De Guindos: “Sono favorevole, questa pandemia avrà ripercussioni su tutti”.

L’Europa però è spaccata. Per Germania e Olanda, l’Unione ha già messo sul tavolo tutti gli strumenti necessari per superare la crisi. Posizione sostenuta anche dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen: “I Coronabond sono soltanto uno slogan”. Continuano a spingere per misure economiche più forti i nove Paesi, capeggiati da Italia, Francia e Spagna, che giovedì scorso hanno scritto una lettera al presidente del Consiglio europeo Michel. A questi se ne sarebbero aggiunti – per il momento in maniera informale – altri cinque: tra cui i tre paesi del Baltico, storicamente sempre dalla parte dei “falchi”.

Ma è Berlino l’ago della bilancia, su cui i paesi membri e le istituzioni comuni cercano di fare pressione. “Dal governo tedesco ci aspettiamo una parola di chiarezza. C’è un dibattito molto intenso nella Repubblica Federale e ci auguriamo che partorisca un’indicazione chiara. Anche perché a giugno la Germania assumerà la presidenza di turno dell’Ue”, ha dichiarato David Sassoli, presidente del Parlamento europeo. “Senza una risposta comune e adeguata, i nostri Paesi saranno allo sbando”, ha avvertito. “Molti saranno in svendita. È una battaglia anche per l’indipendenza dei nostri Paesi”.

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