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HomeSpettacoli 45 anni di Ugo Fantozzi, il personaggio di Villaggio nel cuore degli italiani

I 45 anni del film Fantozzi
Il personaggio di Villaggio
nel cuore degli italiani

Nel 1975 il debutto del ragioniere

che ha segnato la storia del cinema

di Giorgio Saracino27 Marzo 2020
27 Marzo 2020

LIBERO DA DIRITTI, CC SCADUTO

Impolverato e affamato. Rimasto per diciotto giorni chiuso nei vecchi bagni della Megaditta senza che nessuno – fatta eccezione per la moglie – se ne accorgesse. Fa ingresso così negli schermi italiani il 27 marzo di quarantacinque anni fa il ragioniere Ugo Fantozzi. Un Paolo Villaggio entrato nella storia del cinema italiano, diventando presto campione di incassi e poi inserito, durante il Festival di Venezia del 2008, nella lista dei 100 film italiani da salvare. A quasi mezzo secolo dall’uscita nelle sale Fantozzi, la pellicola diretta da Luciano Salce è sempre attuale: Ugo Fantozzi è l’incarnazione dell’italiano medio degli anni settanta. Stile di vita semplice, impiegato medio-borghese, vittima di se stesso; una moglie – Pina – scialba, e una figlia bruttina. Sempre la solita routine. “A me basterebbe imparare a perdere, non a vincere”, dice al maestro di biliardo che vuole insegnargli a giocare.

Una saga cinematografica, quella Fantozziana, che si apre nel 1975 – dopo il successo del libro di quattro anni prima –  con il primo film, cui ne seguiranno altri nove e diversi registi diversi: Salce dirigerà i primi due, poi fino al penultimo Neri Parenti; l’ultimo, Fantozzi 2000-La clonazione, viene invece diretto da Domenico Saverni. Dieci uscite che hanno anticipato tematiche culturali – come il mobbing – e sono entrate così tanto nella quotidianità degli italiani, da far arrivare nel parlato espressioni come la famosa “nuvola di Fantozzi”, che perseguita ogni impiegato – scatenandogli la pioggia sopra la testa – non appena è in ferie: e così, giocare a calcetto diventa uno sport misto alla piscina, dove nuotando a rana si arriva al pallone. Oppure tanto da far entrare nei vocabolari italiani l’aggettivo “fantozziano”: nel dizionario Treccani infatti si parla «di persona: impacciato e servile coni superiori; o di accadimento: situazione ridicola e penosa».

Un uomo col capo chino, grottesco, che cede davanti ai suoi superiori. L’Onorevole Direttore Cavaliere Conte Diego Catellani che lo sfida “a stecca” a casa sua, Fantozzi (chiamato Fantocci dal capo), che non sa giocare, mangia i gessetti e liscia la palla al primo tiro; il direttore in velluto rosso che lo deride davanti agli impiegati dell’azienda: “Il suo è culo, la mia è classe, caro il mio coglionazzo”, frase storica. “Vorrei fare un tiro io adesso”, risponde il ragioniere dopo aver visto la moglie piangere: “Segni, non tre punti, 11. Coglionazzo!”. È la rivincita di Fantozzi, dell’italiano medio che ha la meglio -a biliardo- sul Direttore, 51 a 49. A stecca, così come – forse – nella vita. O forse no, perché destinati tutti a finire nell’acquario del Megadirettore Galattico, il Duca Conte Maria Rita Vittorio Balabam.

Una tragicommedia entrata nella storia del cinema italiano, la cui firma è la semplice e incontaminata comicità.

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