Il timore che il Coronavirus si diffonda facilmente nelle sovraffollate carceri italiane è fondato. Stamattina il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha scritto una lettera aperta al Gazzettino, in risposta a un appello dei detenuti della casa di reclusione Due Palazzi di Padova.
Il Premier rivendica gli “sforzi di Governo e istituzioni” per garantire la salute di “chi negli istituti penitenziari ci lavora e di chi ci vive”. Nel testo Conte cita, come esempi pratici, la dotazione per il personale carcerario degli strumenti di protezione, l’ampia distribuzione di dispositivi di protezione individuale e il montaggio di tende per il triage davanti agli istituti carcerari. Il presidente rivendica pure l’ampliamento della durata dei colloqui tra detenuti e parenti, grazie anche all’utilizzo di videochiamate gratuite con Skype. Queste dichiarazioni dovrebbero rassicurare l’opinione pubblica su una situazione molto delicata: sono già 13 i detenuti morti in recenti rivolte. Inoltre il metro di distanza per ragioni sanitarie è impossibile da rispettare in celle stipate.
Le Camere penali, insieme al quotidiano Il Riformista, hanno chiesto al governo un decreto per consentire la scarcerazione di tutti i detenuti attualmente in cella per scontare una condanna inferiore ai due anni. Si tratta di 17mila persone. Sul punto è intervenuto anche Matteo Renzi, incalzando il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede: “Venga in Parlamento a dirci come intende eliminare il sovraffollamento nelle prigioni”. Il leader di Italia Viva oggi ha anche chiesto le dimissioni del capo del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, Francesco Basentini, per le recenti rivolte nelle carceri.
Nella lotta al sovraffollamento, come riporta Il Sole 24 ore, finora sono stati usati gli strumenti della liberazione anticipata e della detenzione domiciliare (per chi ha una pena da scontare sotto i 18 mesi). Su questa strada il decreto legge “Cura Italia” ha introdotto una forma speciale di detenzione domiciliare, valida fino al 30 giugno e che prevede una procedura semplificata.
Purtroppo a complicare questa misura c’è la difficoltà nel reperire in tempo i braccialetti elettronici, obbligatori per chi ha ancora una una pena superiore ai sei mesi. Il presidente dell’Unione Camere penali Gian Domenico Caiazza attacca: “Il governo chiarisca quanti sono davvero i braccialetti disponibili”. Inoltre sarebbero interessati non più di 4.000 detenuti, troppo pochi per alleggerire realmente le nostre carceri.