Sono da poco passate le sei quando, durante lo spoglio della sesta votazione per eleggere il Presidente della Repubblica, i parlamentari in aula si fermano per tributare un lungo applauso al nuovo Capo dello Stato: Giorgio Napolitano è eletto per la seconda volta, primo caso nella storia della Repubblica. «Sono grato per la fiducia che mi ha dato il Parlamento» – dirà il Capo dello Stato – «Sara’ una prova difficile in un momento cruciale».
Il Presidente delle larghe intese. Eletto con 738 voti, ben oltre la maggioranza assoluta e anche quella dei 2/3, Napolitano è il “nuovo” nome dopo una tre giorni a ritmo serrato. Con le rinunce di Marini e Prodi e l’implosione del Pd – che ha visto dimettersi la Presidente, Rosy Bindi, e il segretario, Pierluigi Bersani – serviva una candidatura in grado di ricompattare il partito (o quantomeno non spaccarlo ulteriormente) e ricucire i rapporti col centrodestra. Dopo la quarta votazione, sembrava che il nome potesse essere quello del candidato di Scelta civica, Anna Maria Cancellieri, e proprio a tal fine si possono leggere gli incontri prima di Berlusconi e poi di Bersani col Premier, Mario Monti. Fino all’ultimo si è cercato di creare un largo consenso per il ministro dell’Interno tra i parlamentari del Pd. Al persistere delle difficoltà ecco la decisione estrema: Berlusconi lancia un appello a Napolitano chiedendogli di accettare un secondo mandato, o quantomento indicare una strada da intraprendere. Dal Cavaliere a Monti e Bersani, tutti si recano al Colle; ma lo scossone decisivo arriva dai grandi elettori: solo quando tutti i rappresentanti delle regioni si uniscono al coro che chiede la riconferma del Presidente, Napolitano scioglie la riserva accettando la candidatura, anche se avrebbe detto, scherzando: «Non volete proprio farmi riposare».
Per l’ufficialità vera e propria bisognerà attendere le 15. Napolitano vuole la certezza che questo sforzo ulteriore porti alla formazione di un governo di larghe intese; si fa il nome di Amato come Premier, con un vice dal pdl e uno dal pd.
La protesta dei grillini. Ma la piazza, almeno quella di Montecitorio, sembra essere tutta, o quasi, per il candidato 5 Stelle, Stefano Rodotà. Dalla mattina, e già dal primo di questi tre giorni, i manifestanti sventolano cartelloni e scandiscono slogan, in attesa che qualche grillino vada a parlare con loro spiegando la situazione dell’Aula. Quando ormai è certa la notizia di Napolitano ecco a dar manforte i parlamentari del MoVimento, capeggiati dai due capigruppo Lombardi e Crimi, che escono in blocco sulla piazza con in mano cartelli con su scritto “Rodotà, perchè no”. Poco dopo dal blog di Beppe Grillo (a Udine per condurre la campagna per le regionali in Friuli) ecco un commento sulla vittoria di Napolitano: «Ci sono momenti decisivi nella storia di una Nazione. Oggi, 20 aprile 2013, è uno di quelli. E’ in atto “un colpo di Stato”. Pur di impedire un cambiamento sono disposti a tutto» e viene lanciato l’hashtag #TuttiaRoma. L’appuntamento è per le 7,30 davanti la Camera, ma sono da poco passate le 8 quando Vito Crimi, capogruppo al Senato, esce a parlare con i manifestanti. Grillo non arriva; l’incontro è rimandato a domani (domenica 21 ndr.) in una conferenza stampa per giornalisti e simpatizzanti del MoVimento.
Cala il sipario. E mentre la piazza si riempie, la Camera si svuota. I Presidenti di Camera e Senato, Boldrini e Grasso, vanno al Quirinale per comunicare ufficialmente a Napolitano il rinnovo dell’incarico dopo l’esito della votazione (lunedì alle 17 il giuramento a Montecitorio). Congratulazioni dal Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama: «Ammiro la sua decisione di servire di nuovo il popolo italiano come presidente». Auguri anche dal Presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso e da Papa Francesco. Da Bari, invece, dove si trova per un convegno, ecco le parole di Rodotà che si dissocia da Grillo dicendosi «contrario a qualsiasi marcia su Roma».
Ma ormai è tardi e la giornata volge al termine, da domani, lasciata alla spalle anche questa elezione, si tornerà a parlare di governo, riforme e accordi; del futuro dei partiti e del MoVimento; della contrapposizione tra vecchia politica e rinnovamento…
Ma tutto questo, appunto, domani.
Domenico Cavazzino