Il Coronavirus continua ad agitare la politica italiana. Il premier Giuseppe Conte, in una intervista odierna a Repubblica, tiene il punto: sì alla chiusura della zona rossa, fiducia nella scienza e un invito all’unità indirizzato alle Regioni, finora non sempre allineate con Palazzo Chigi. Sono proprio i governatori, soprattutto quelli del Nord, a battagliare con il governo e ad ingaggiare un fronte polemico con Conte. I presidenti di Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Veneto, Liguria, Sardegna, Piemonte, Sicilia, Abruzzo, Umbria e delle provincie autonome di Trento e Bolzano hanno scritto al premier, chiedendogli un incontro di chiarimento sul decreto d’emergenza. Alla base c’è il disagio per le modalità con cui si è giunti a questa iniziativa, la sensazione di non essere stati molto coinvolti da Palazzo Chigi, alcuni punti ritenuti controversi e una chiara matrice politica: la Lega di Matteo Salvini, partito di cui quasi tutti i firmatari in questione fanno parte.
Nello specifico, stando al Corriere della Sera, il lombardo Attilio Fontana ha definito il testo del decreto “pasticciato”, volendolo pure più “rigido”. Invece il democratico Stefano Bonaccini dell’Emila-Romagna, assente non casuale nella “lettera di chiarimento” dei colleghi, pur definendosi sostanzialmente d’accordo con l’iniziativa, oggi – dalle colonne di Repubblica – accusa l’esecutivo di non aver coinvolto le regioni nella stesura del decreto, prospettando ai governatori misure già praticamente definite, sebbene delicate e bisognose di un’adeguata spiegazione. Il veneto Luca Zaia ha prima lodato la gestione dell’emergenza nella sua stessa regione e poi ha attaccato l’esecutivo di Roma, reo di aver inserito nella zona rossa le tre provincie venete. Il governatore leghista ha definito “esagerato e inopportuno” il provvedimento, lamentando anche lui di non essere stato adeguatamente informato da Palazzo Chigi.
Un altro fronte è a Sud, dove il decreto d’emergenza non ha istituito particolari restrizioni. I governatori meridionali sono in stato di guerra per il ritorno di numerosi studenti e lavoratori fuorisede dal Nord blindato, tutti potenziali mezzi di contagio. Dalla Campania Vincenzo De Luca non usa mezzi termini e chiede il “pugno di ferro” contro i corregionali di ritorno dal Nord: il governatore, nelle sue intenzioni, vorrebbe sottoporre tutti a misure di isolamento domiciliare, compresi i ragazzi che affollano i pub la sera, violando ogni norma di sicurezza. E pure lui lamenta “disorganizzazione” nella gestione congiunta Governo-Regioni. La presidente della Calabria Jole Santelli fa un appello ai calabresi di stanza al Nord: “Non tornate, la nostra sanità non sarebbe in grado di reggere il contagio”.
Michele Emiliano ha chiesto ai corregionali di non tornare, “di scendere prima dal treno” e ha firmato un’ordinanza per obbligare alla quarantena chi arriva in Puglia dalla zona rossa. Anche lui teme che la sanità regionale non sia pronta ad affrontare un aumento dei contagi.
Nel frattempo si paventa l’ipotesi del ritorno, quale super commissario all’emergenza, di Guido Bertolaso: l’ex capo della Protezione Civile ai tempi del terremoto de L’Aquila adesso avrebbe l’appoggio di Italia Viva e Forza Italia. Lo stesso Giuseppe Conte non avrebbe ancora chiuso le porte.